GINO VALENZANO
24/4/1920 - 21/5/2011

VALENZANO alla 36^ Targa Florio del 1952, secondo assoluto e disidratato dalla sua Lancia Aurelia 2000.

da LA MANOVELLA:
Negli anni d'oro della rinascita del dopoguerra, dal 1950 al 1970 circa, in Italia si torna a correre e l'automobilismo sportivo sboccia nuovamente più rigoglioso che mai. E' l'epoca delle grandi corse su strada: la Mille Miglia, la Targa Florio. i circuiti cittadini, le prove di lunga durata, come quelle che si corrono all'estero - la Carrera Messicana, la Panamericana. il Tourist Trophy, la 12 Ore di Sebring, la 24 Ore di Daytona, la 24 Heures de Le Mans -, le cronoscalate che si disputano da nord a sud. Il gruppo dei piloti, professionisti e gentlemen. è piuttosto consistente ed è proprio della "allegra compagnia" dei secondi - i quali, come i professionisti, hanno scritto pagine di storia dell'automobilismo agonistico e hanno ben conosciuto il mondo delle corse - del quale fa parte Gino Valenzano, torinese, grande ex lancista, nato il 24 aprile 1920 sotto il segno del Toro. Gioviale, vivace, una miniera di ricordi, socio del Club International des Anciens Pilotes de Formule 1 (il cui presidente è lo statunitense Phil Hill; vicepresidente Maria Teresa de Filippis). Gli chiediamo quali sono le doti fondamentali per vincere. "Indispensabili quelle psicologiche, secondo me più importanti. Ho corso due anni con Fangio nella categoria Sport, su Lancia. Ricordo che a un Tourist Trophy, tra una batteria e l'altra, Fangio si è sdraiato appoggiando la testa a una ruota e si è addormentato. Quando è toccato a lui guidare l'hanno chiamato: come se nulla fosse, si è alzato ed è partito. L'ho veramente ammirato per la sua calma, che era anche la sua forza. Io, invece, ero molto più teso. Quando si parla di un pilota non ci si chiede mai come abbia dormito la sera prima, cosa invece importantissima. Io ho perso la Mille Miglia per non aver dormito la notte della vigilia. Non basta quindi andare forte, bisogna essere concentrati ma sereni". - In quale anno ha incominciato a correre? "Nel 1948. Allora la situazione e le gare erano diverse. Lei pensi: sarebbe disputabile oggi la cronoscalata che partendo dal Casinò di Sanremo porta a Campo dei Fiori? Oppure il circuito Rapallo e Santa Margherita? Allora si poteva fare, oggi non più". Valenzano contatta Nardi, che ha costruito la 750 e con questa vettura, che non ha tanti cavalli ma pesa soltanto 400 kg, vince molte cronoscalate. "Andavo meno bene nei circuiti. A Torino si correva sulla pista dell'Ippodromo di Mirafiori. quella del trotto: gli organizzatori volevano far scommettere il pubblico con i bookmaker, come per i cavalli. Non ha funzionato, ma io ho vinto quasi sempre. Anche le corse in salita di allora: la Susa - Moncenisio, la Cesana - Sestriere...Ho gareggiato dal 1948-49 fino al 1950". "Al Salone dell'Automobile di Torino, sempre nel 1952 - spiega Valenzano - ho incontrato Gianni Lancia. Ci conoscevamo già perché andavamo tutti e due a scuola all'Istituto Sociale (io ero più avanti di lui, che era del '24). Mi ha chiesto se volevo fare la Mille Miglia con la sua nuova vettura: l'Aurelia B20 GT, Ho accettato. La squadra, oltre al sottoscritto, era composta da Giovanni Bracco, dal biellese Grolla e dal milanese "Ippocampo" (l'ingegner Castiglione), che era un "passista" e non uno "sprinter". Siamo partiti per vincere la categoria Gran Turismo, invece avremmo potuto fare l'assoluto! A Padova ero in testa, poi ho tatto una cretinata: sulla strada per Ravenna, a un bivio a T, sono arrivato troppo veloce, ho frenato, l'auto ha sbandato, ha preso un paracarro e si è ribaltata. L'ho rimessa sulle quattro ruote, sono arrivato al controllo dopo Ravenna, dove Gianni Lancia aveva previsto il rifornimento.
II mio sterzo era rovinato e lui voleva che mi ritirassi. Ho risposto che mi divertivo e che volevo continuare. Lancia era titubante, poi ha annuito invitandomi a non fare sciocchezze. Sono ripartito classificandomi quinto. Ciò fa capire le possibilità dell'Aurelia. Se da Bologna a Brescia ci fosse stata ancora la strada bagnata, Bracco sarebbe arrivato primo. Invece ha vinto la Ferrari". "Con l'Aurelia - aggiunge Valenzano - abbiamo corso anche il Giro di Sicilia, da me vinto, e la Targa Florio, con ai primi tre posti altrettante Lancia: primo Bonetto, secondo io (a 3"), terzo Tito Anselmi. Qui ho fatto la più grande indigestione d'acqua della mia vita. All'epoca si correvano circa 600 km da soli (negli ultimi anni in coppia) senza fare neanche i 100 km/h di media, tante erano le curve. Oltretutto sull'Aurelia il finestrino scorreva indietro di pochi centimetri, quindi non entrava aria e la temperatura nell'abitacolo era molto elevata. Sono arrivato completamente disidratato. Avete mai provato a fare indigestione d'acqua? È terribile". Nel Giro di Toscana arriva secondo assoluto, vince Biondetti, che all'epoca è già ammalato. A Firenze è primo assoluto con 3' di vantaggio. Ma vogliono far vincere il toscano e dicono a Valenzano di correre tranquillo perché ha 20' di vantaggio. "Così ho fatto: me la sono presa calma arrivando però secondo". "Allora sì disputavano il Giro della Toscana, quello dell'Umbria, tutte corse su strada - prosegue il pilota torinese - dove l'Aurelia era dominatrice: l'automobile da corsa era entrata nel Gran Turismo, ma di fatto non era una vera Gran Turismo. La Lancia aveva tolto il pianale e l'aveva realizzato in alluminio, cosicché la vettura aveva perso 180 kg. Quando ho corso a Montecarlo, su 70 giri, non ho mai avuto problemi ai freni, l'Aurelia era leggera e il motore aveva un regime di rotazione di soli 6000 I giri/minuto. In seguito Gianni Lancia si è spaventato per il potente motore montato dall'Alfa , Romeo, ha capito che con il 2000 cmnon ce l'avrebbe più fatta ed è passato al 2500 cm. Mentre però il 2000 era indistruttibile, con il 2500 bastava superare il limite di 100 giri per rompere una valvola" "La Lancia vince molte gare, parecchie delle quali cronoscalate. finché non arriva una grande dominatrice, la Gran Turismo Ferrari. Gianni Lancia allora distrugge tutte le 2500. Quando oggi si dice che qualcuno se le è accaparrate tutte, non è vero; non ne esistono più". Finito il ciclo Aurelia, Gianni Lancia, spinto dalla voglia di battere le Ferrari, inizia a costruire vetture Sport. .La prima è una 3000 cm che però non ottiene grandi risultati. La squadra Lancia è allora formata da Biondetti (passista). Villoresi, Fangio e Ascari (questi ultimi due sottratti alla Ferrari). "Dato che la 3000 non appaga le aspettative -ricorda Valenzano - sullo stesso telaio Vittorio Iano monta un motore 2600 con compressore volumetrico. Ma è un flop. Noi credevamo di andare a Le Mans e correre toccando i 300 km/h, invece eravamo più lenti delle Ferrari e delle Aston Martin. In quell'occasione c'era anche Froilan Gonzales in squadra e continuava a dire 'Me pasan tutti, todos me pasan ! '. Non solo non occupavamo i primi posti (eravamo ottavi o noni), ma al termine della gara di vetture Lancia non ne è arrivata neanche una". Poi la Casa di Borgo San Paolo produce la D24 (quella con le cupolette dietro) con il motore 3300, bialbero da 260 CV e inizia a raccogliere vittorie. L'auto ha una buona tenuta di strada, è facile da guidare e, anche se non è molto potente, grazie anche alla bravura dei piloti vince la 12 Ore dì Sebring, la Mille Miglia, la Carrera Messicana. "Quando nel '54 siamo andati a fare la Mille Miglia - spiega Valenzano - io avevo il numero 541. Maglioli, con la Ferrari 375 Plus Spider, carrozzata da Pininfarina, con il numero 544, mi ha superato e io mi sono accodato convinto però che mi sarebbe andato via in velocità. Invece era veloce sui rettilinei,ma in curva lo raggiungevo e riuscivo a stargli vicino perché, per la troppa potenza sviluppata dal suo motore di grande cilindrata, a una certa velocità la sua vettura ondeggiava costringendolo ad alzare il piede. Io, al contrario, lo tenevo giù sfruttando sempre tutti i miei cavalli. Poi però ci siamo ritirati entrambi. Io perché mi sono distratto e sono volato fuori su un passaggio a livello (sono transitato a 120 km/h invece che a 60 km/h), Castellotti ha abbandonato perché non si è ricordato di rabboccare l'olio e Taruffi è uscito di strada". L'ultima gara a fine anno è la Carrera Messicana, segnata dall'incidente di Felice Bonetto. "La Lancia - dice Valenzano - aveva congelato le posizioni in classifica (Bonetto, Taruffi. Castellotti, Bracco e Fangio, ultimo perché si era girato e avevano dovuto cambiargli tutta la parte posteriore), ma Taruffi continuava a stare incollato a Bonetto. Quando Taruffi è uscito di strada Bonetto, anche a causa della nebbia, non se ne è accorto. Non sapendo dove fosse sparito si è agitato, deconcentrandosi. E, nonostante se lo fosse segnato, si è dimenticato di un profondo avvallamento, una sorta di guado senz'acqua, nel paese di Silao. Nel salto, per l'eccessiva velocità la vettura è stata catapultata contro un muro e lui ha battuto la testa. Alla fine si è imposto Fangio il quale, pur senza vincere una tappa, grazie ad una grande regolarità, si è aggiudicato la gara". "L'anno seguente - prosegue Valenzano - abbiamo corso per il Campionato del Mondo Sport, Il primo appuntamento è stato Sebring, un mezzo disastro. Ha vinto Moss con l'Osca 1600, io sono arrivato secondo. In quell'occasione correvamo con quattro Lancia D24, ma mancava un pilota. Gianni Lancia, per fare un'opera/ione pubblicitaria, mi ha rifilato il playboy Porfirio Rubirosa il quale, al volante per il suo turno, non ripassava più davanti ai box. Mi sono avviato a piedi verso la curva che precedeva il rettilineo e l'ho trovato appoggiato all'auto intento a firmare autografi al pubblico. Quando gli ho chiesto il motivo del suo arresto, mi ha risposto di aver rotto il cambio. Invece, salito in auto, mi sono accorto che mancava soltanto la seconda marcia. Grazie al non poterne disporre non ho 'tirato' come hanno fatto i miei compagni e sono stato l'unico a non rompere e a tagliare il traguardo". Al Nürburgring vince Fangio, sempre con la D24. L'ultima gara è il Tourist Trophy. un circuito pericolosissimo. Gli equipaggi: Fangio - Castellotti, Ascari - Villoresi, Valenzano - Robert Manzon (francese). Gianni Lancia vorrebbe sferrare l'attacco finale e vincere il campionato del mondo. Si impone invece Mike HAWTHORN con la Ferrari 4 cilindri dell'ingegner Aurelio Lampredi. Ecco, allora, che nasce la D25 per gareggiare in Messico: però la disillusione provata da Lancia al Tourist Trophy è stata troppa e la vettura non correrà mai. Per la Lancia le corse su strada finiscono e nasce la D50 Formula 1, un'auto con avanzate soluzioni tec-nologiche: sulle fiancate, ad esempio, tra ruota anteriore e posteriore, vengono sistemati i due serbatoi della benzina che, in questo modo, contribuiscono notevolmente ad abbassare il baricentro della vettura e ad aumentarne la tenuta di strada. Nel 1955 Alberto Ascari vince il Circuito del Valentino a Torino ma, a Montecarlo, inizia il dramma della Lancia. Le Mercedes sono in testa con Moss e Fangio, ma rompono. Tutto il pubblico lo sa. Ascari no. Per questo motivo continua a forzare finché, all'uscita del tunnel, finisce in mare. Non si fa male, ma i medici lo fermano per 20 giorni. Ripresosi, va a seguire !e prove della gara per vetture Sport all'Autodromo di Monza e decide di fare qualche giro con la Sport di Castellotti, una Ferrari 3 litri. "Chissà come gli è venuto in mente - si rammarica ancora Valenzano -. Lui che era scaramantico ha girato con il casco di Castellotti e il numero 26, che odiava. Secondo me ha preso sotto gamba quello che stava facendo, è entrato male nella curva del Vialone (oggi curva Ascari, ndr) e si è capovolto uccidendosi. Io non ho mai provato la Formula 1, non mi piaceva, è rimasto solo Castelletti. Lancia poi ha smesso per difficoltà economiche e ha ceduto tutto alla Ferrari". - Quando e perché ha avuto termine la sua carriera di pilota? "A un certo punto la Lancia ha deciso di non correre più, io con Ferrari non ero in buoni rapporti (mi ha chiamato una volta e mi ha fatto aspettare senza incontrarmi fino alle 19, me ne sono andato senza vederlo), allora sono passato alla Maserati: dei veri signori. Loro sì che trattavano i piloti come devono essere trattati. Ferrari, al contrario, li considerava dei dipendenti, si interessava solo delle sue vetture. Quando De Portago ha avuto l'incidente alla Mille Miglia, e Castelletti a Modena, Ferrari ha chiesto semplicemente: 'L'auto com'è?'. La Maserati aveva delle Sport superiori a quelle delle altre Case. E due tipi di piloti: quelli con contratto privato, come mio fratello Piero, e quelli ufficiali, come me. I privati si compravano a loro spese la vettura, la Casa si occupava solo della manutenzione. La squadra Maserati era composta da me, Fangio, Marimon, Musso e BEHRA". - A quale categoria appartenevano le vetture del Tridente? "Maserati produceva delle Sport partendo dai motori di 1500-2000 cm3, assomigliavano alle barchette. Ce ne sono ancora in circolazione, ne sono state costruite molte. Poi c'era la 3 litri con la quale ho corso Le Mans. Ne sono stati prodotti solo sei esemplari, erano stupendi. Questa è stata l'unica automobile a essere messa all'asta a Montecarlo per un miliardo e mezzo. Più tardi ha costruito la 4500 cm3 con cui Fangio ha vinto al Nürburgring". Con la Maserati Valenzano si classifica secondo al G.P. di Siracusa, dietro a Taruffi con la D24; corre la Aosta - Gran San Bernardo con la 2 litri vincendo la categoria; si aggiudica la classe nella Mille Miglia e vince la Trieste - Opicina. "Alla Bolzano - Mendola - conclude .Valenzano -vengono poste le premesse per l'incidente di mio fratello. Castelletti non amava molto gli scherzi, allora mio fratello girava con il metro per misurargli i tacchi. Dopo una dura lotta, Castelletti vince con 4" su mio fratello. Da allora è rimasto un po' di attrito. La corsa seguente è stata la Coppa delle Dolomiti. Castellotti è partito 2 minuti dopo mio fratello che, per avvantaggiarsi sul rivale, è andato troppo forte e ha avuto l'incidente. Ero in testa, mi hanno fermato per lutto, come tutte le Maserati in gara. Allora ho smesso: era il 29 luglio 1955. Ho poi corso solo gare storiche. A queste competizioni però non devono partecipare i professionisti, devono rimanere nell'ambito dilettantistico".