| Con Nazzaro e Ascari, fu uno dei maggiori piloti italiani degli anni venti, famoso in particolare per lo stile di guida. Anche il suo nome, come quello di Nazzaro è legato a successi sportivi della Fiat. La sua fama declinò con il sorgere dell'astro Nuvolari e con il predominio delle Alfa Romeo. Pietro Bordino nacque a Torino il 22 novembre 1887 e morì ad Alessandria il 16 aprile 1928. Stava provando una Bugatti in vista dell'imminente corsa, quando un cane gli attraversò la strada. Urtato in pieno, l'animale s'incastrò nelle barre dello sterzo. Senza più controllo e col volante bloccato, la Bugatti finì in un fosso, il muso ricoperto da mezzo metro d'acqua. Il pilota morì quasi subito. Pietro Bordino era figlio del custode della Fiat. A dieci anni era amico di tutti gli operai (che allora erano pochi) e anche dei dirigenti. Fu l'ingegnere Enrico, infatti, che lo fece assumere come apprendista. Avrà avuto Bordino, una quindicina d'anni. In più conosceva a memoria un motore e pesava poco. Tutte qualità che non sfuggirono a Vincenzo Lancia, il campione di casa. Lancia portava quotidianamente a spasso per le officine la sua mole e la sua gioviale simpatia. Bordino lo adorava in segreto. Successe una volta quasi per caso: Lancia invitò il ragazzo a salire sulla macchina per una prova. Da allora Lancia e Bordino fecero coppia fissa. Scarso di chili, oltretutto, Bordino compensava in tal modo l' "eccedenza" del principale. Era fatale comunque che quel giovane meccanico approdasse, una volta o l'altra, al volante. Il debutto avvenne in una corsa in salita, in Francia: alla Chateau - Thierry. Nel 1911 batté il record del miglio sulla pista inglese di Brooklands, guidando una potentissima Fiat da 300 CV. Nel 1913, data anche (o soprattutto) I'amicizia col suo maestro, guidò una Lancia all'ottava Targa Florio che si disputava sul piccolo giro di Sicilia (km 965) in due tappe. Si fece subito notare per quella che sarà la caratteristica del suo modo di guidare: I'irruenza. Nella prima tappa fu terzo dietro a MARSAGLIA e a Nazzaro. Nella seconda, mentre Nazzaro compiva una delle sue corse più belle e calcolate, Bordino sbagliò percorso e dovette rinunciare a un ottimo piazzamento. Arrivò ottavo. La guerra lo allontanò dalle corse. Ma dopo la fine del conflitto Bordino non tardò a riscoprire se stesso. Dal 1919 al 21 partecipò a gare motoristiche con una Motosache 500 cm3 e con una Davidson 1100 cm3 affermandosi nella Como - Brunate, nella Susa-Moncenisio e al circuito di Orbassano. Nel 1921 capeggia la squadra della Fiat alla Targa Florio. Gli sono compagni Minoia, Giulio Masetti, Bergese Giordano, Pellegrino, De Seta, Mari, Trombetta, Piro, Gasperini. Tutti nomi (escluso forse quello di Minoia) caduti nell'oblio. Ma la Targa non portò fortuna a Bordino che dovette ritirarsi. Il 1921 gli riservò comunque un'esperienza ben altrimenti fortunata al di là dell'Atlantico. Si allineò a Los Angeles in una gara di 250 miglia. Fu un trionfo clamoroso. Gli americani sempre fervidi di fantasia, gli affibbiarono il nomignolo di "diavolo rosso". Rimase in America per qualche mese passando da una gara all'altra. Tutte manifestazioni che gli diedero una enorme popolarità. Ritornato in Italia si allineò (4 settembre 1921) al Gran Premio d'Italia che si disputava per la prima volta. La pista era il grande circuito di Brescia. Due nomi su tutto il lotto dei concorrenti: Bordino su Fiat e GOUX su Ballot. Al 130 giro Bordino forò e fu costretto a fermarsi per cambiare il pneumatico. Passò in testa GOUX, Bordino ripartì lanciatissimo, nel disperato tentativo di riacciuffare il francese. Ma, sul rettilineo di Montichiari, la Fiat si fermò definitivamente: si era rotta la pompa dell'olio. A Bordino rimase solo la consolazione del miglior tempo sul giro, compiuto in 6'54"1/5, alla media di 150,362. Media ritenuta sbalorditiva per quei tempi. Il 16 luglio 1922 Bordino, assieme a Felice Nazzaro e a Biagio Nazzaro prendeva parte a Strasburgo al Gran Premio di Francia. Guidava una delle tre Fiat "804", 6 cilindri, 112 CV. A secondo posto ormai acquisito, nel tentativo di ridurre la distanza dal caposquadra Felice Nazzaro, Bordino ruppe la macchina e dovette suo malgrado ritirarsi. Ma il giro più veloce fu ancora una volta suo: 5'47", a 138,812 chilometri orari. La lezione di Strasburgo gli scottava e quando il 10 settembre si inaugurò la nuovissima pista di Monza, Pietro Bordino seppe dominare la sua irruenza. Ne sortì una gara spettacolosa che portò il pilota torinese a un completo trionfo. Reso ancor più prezioso dal fatto che alle sue spalle si classificò Felice Nazzaro, il maestro per eccellenza. Bordino compì gli 800 chilometri del percorso, pari a 80 giri del circuito, in 5 ore 43'13" alla media di 139,855 km/h. Era ormai un asso, un mattatore, anche perché si era imposto nel G. P. Vetturette nella gara di contorno del Gran Premio d'Italia.Per tutto il 1923 e 1924 Bordino restò in prima fila, tra i protagonisti dei gran premi. Ma furono anni dedicati all'irruenza. Partiva a razzo, duellava ruota a ruota coi migliori. Magari li staccava. Poi la macchina cedeva. Successe cosi al Gran Premio di Francia del '23, a Tour, e in quello successivo a Monza. In entrambi segnò il giro più veloce. Al Gran Premio di Francia dell'anno successivo, a Lione, tenne a bada la Sunbeam di Segrave e quindi le nuovissime Alfa "P2" di Ascari e di Campari (destinato a vincere). Poi uscì di strada: con la macchina urlante e apparentemente senza controllo, Bordino girò attorno a una tenda della Croce Rossa, sfiorando molta gente ma senza ferire nessuno. Si rimise sulla pista. Poco dopo, però, fu costretto al ritiro. Sempre nel 1924, ritentò l'avventura della Targa Florio, che gli sarà sempre proibita, come sarà proibita ad Antonio Ascari. Quell'anno Bordino fu addirittura colto da insolazione e dovette cedere la macchina (una piccola Fiat da un litro e mezzo) a Nazzaro. Ritornò in America. Tentò l'avventura di Indianapolis nel '25, senza soverchia fortuna. Rispuntò nel '27 più irrequieto che mai. Nazzaro si era ritirato dalle corse. Ascari era morto. Il 4 settembre di quell'anno, Bordino, ancora pilota ufficiale della Fiat, chiuse con un debutto-vittoria la presenza della Casa torinese sui campi di gara. Fu presentato infatti l'ultimo prodotto Fiat: la "806", una dodici cilindri con compressore, capace di 187 CV. Si correva a Monza il Gran Premio Milano. Nonostante una partenza lenta, Bordino prese la testa già dal primo passaggio, vincendo tranquillamente la batteria. Nella finale, ancora una partenza lenta. Al primo giro transitò in terza posizione. Ma alla curva sud si portò decisamente in testa, rimanendovi fino alla fine. Corse la finale in 39'56"3/5 alla media di 150,852 km/h. Messo a piedi dalla Fiat, Bordino ricorse alla Bugatti. Il 25 marzo 1928 prese la partenza al circuito del Pozzo (Verona). Pioveva, la strada era una fettuccia di fango. Bordino partì in testa. Ma alle sue spalle successe quello che non aveva preveduto. Un uomo, Tazio Nuvolari, si faceva sempre più minaccioso. Sinceramente Bordino non se la sentì di rischiare in quelle proibitive condizioni. Quello che rischiò fu Tazio Nuvolari, che vinse. Bordino chiese la rivincita. Varzi non era ancora un nome. Per un breve periodo, quindi, I'Italia fu divisa in nuvolariani e... bordiniani. Chi teneva per l'astro nascente e chi per il vecchio campione. Quel vecchio campione, il 31 marzo, si allineò alla Mille Miglia con una Bugatti "2300" con compressore. In coppia con De Gioannini partì alle 13,08. Due minuti dopo Tazio Nuvolari. Arrivò sedicesimo, coprendo l'intero percorso in 21 ore 20'30", impiegando sette minuti più di Nuvolari. L'appuntamento era ad Alessandria per il 22 aprile. Il 16 aprile Bordino, impegnato in una cosciente rivalutazione di se stesso, stava già provando il circuito della rivincita. Nuvolari era a Mantova con la macchina smontata. Qui, telegraficamente, lo raggiunse la notizia della morte di Pietro Bordino. |