ALESSANDRO NANNINI. IL 1980 FU UNA BUONA ANNATA: tra i tanti che si misero in luce c'erano Emanuele Pirro, Paolo Barilla, Roberto Ravaglia e molti altri ancora. Ma in quella fatidica domenica 21 settembre, a Varano de' Melegari, nessuno di loro portò a casa la vittoria. A comandare il gruppone delle monoposto, ce n'era una immacolata, senza le scritte degli sponsor, pilotata da un ragazzo toscano fuori dell'ordinario: uno sconosciuto, venuto da chissà dove, che si chiamava Alessandro Nannini. A differenza della moltitudine dei suoi colleghi il giovane conduttore non aveva alcuna esperienza motoristica di un certo livello, non aveva fatto parte della nazionale italiana di karting, né frequentato qualche scuola di pilotaggio. Semplicemente aveva gareggiato in rally regionali per poi acquistare per gioco una Formula Fiat Abarth, categoria che Nannini non sapeva nemmeno che cosa fosse. Lì per lì i suoi rivali pensarono che quella prestazione varanese fosse il frutto di un caso, di circostanze favorevoli o di qualche trucco segreto. Ma alla gara successiva Nannini fu ancora una volta grande protagonista e l'anno seguente, il 1981, trionfò spesso e volentieri aggiudicandosi alla fine il Campionato italiano. Il 12 ottobre 1990 Alessandro decise che era tempo di mostrare alla propria famiglia l'elicottero che da poco aveva acquistato. Di ritorno da Firenze, dove Nannini si era recato per far vidimare alcuni documenti, il velivolo puntò su uno spiazzo di terra a pochi metri dalla splendida villa di famiglia che sorge sulle colline senesi. Sull'elicottero, oltre ad Alessandro, si trovavano il pilota e due amici del campione toscano. Era venerdì pomeriggio, una giornata tranquilla. Nannini si era preso qualche giorno di riposo tra il Gran Premio di Spagna, nel quale era giunto al terzo posto, e quello del Giappone che avrebbe dovuto disputarsi la settimana seguente. Il velivolo sorvolò Siena, cercò di adagiarsi nello spiazzo prestabilito ma qualcosa non funzionò a dovere. Dopo un primo tentativo fallito, ci fu una manovra brusca: l'elicottero andò in rotazione e precipitò, sotto gli occhi attoniti del padre del campione. Poche ore più tardi il Centro Traumatologico Ortopedico di Firenze si animò di strane presenze. Nei corridoi bui dell'ospedale si erano dati appuntamento centinaia di appassionati, di curiosi, giunti fin là per dare conforto alla famiglia Nannini. In una saletta disadorna, fredda, gelida come tutte le stanze d'attesa, Paola Nannini si muoveva nervosamente, consolata a turno da Riccardo Patrese e sua moglie, da Nelson Piquet, dagli amici fraterni di Alessandro. Passò un tempo che parve interminabile. Alle due di notte, accolto silenziosamente, il primario del reparto ortopedico professor Bufalini, volto stanco e disfatto, varcò la soglia di quella stanza. Si rivolse a Paola, la moglie del pilota senese. Disse che Nannini non correva alcun pericolo di vita, che l'operazione per riattaccargli l'avambraccio destro, troncato di netto dall'impatto contro le lamiere dell'elicottero, era clinicamente riuscita ma che non si poteva ipotizzare il recupero totale o parziale dell'arto leso. A preoccupare il primario erano anche le condizioni della mano sinistra del campione, i cui tendini erano rimasti completamente schiacciati. Nessuno parlò della professione del pilota: Nannini, per la gente, in quel 12 ottobre aveva concluso la sua carriera. Definitivamente. Il 22 marzo 1992 si corre a Città del Messico la seconda gara del Campionato mondiale di Formula 1. Ma in Italia c'è chi ha preferito salire in macchina e recarsi a Monza, dove è in programma la corsa inaugurale del Campionato Superturismo. L'occasione è interessante: sulle Bmw ufficiali ci sono specialisti di caratura mondiale, da Ravaglia a Pirro, a Winkelhock; sulle Alfa Romeo il collaudatore della Ferrari Nicola Larini, Giorgio Francia, Antonio Tamburini. E soprattutto un pilota che nessuno ha dimenticato, che è rimasto, malgrado una stagione d'assenza dalle competizioni, il personaggio più popolare di questo sport: Alessandro Nannini. 1980, 1990, 1992: tre tappe, tre momenti di un romanzo unico, perfettamente in sintonia con il carattere di un ragazzo parecchio diverso dai suoi colleghi. Un campione che ha scelto l'automobilismo non per emulare i grandi del passato, ma per semplice divertimento, per mettere alla prova quel suo istinto così particolare per la velocità, per misurare la sua voglia di sfida con tutti, gli avversari e la vita. Nannini è uno che sa sdrammatizzare qualsiasi situazione, che in Formula 1 ha portato una ventata nuova, è una sorta di "Giamburrasca" sempre pronto a prendersi gioco degli altri e a ironizzare su se stesso. La sua importanza per l'automobilismo è anche questa: Nannini ha rotto gli schemi rigidi che vogliono il pilota contemporaneo distaccato dalla gente, teso solo a inseguire il risultato sportivo e tecnico. Punto di forza, ai più sconosciuto, è l'assoluta mancanza di cultura specifica del settore nel quale Alessandro ha raggiunto i più alti livelli. I suoi amici e colleghi ricordano spesso che Nannini si presentò nel 1982 al via del Campionato europeo di Formula 2 senza conoscere nemmeno un pilota avversario. Quando gli dissero che si trovava nella stessa fila di Mike Thackwell, all'epoca considerato come una delle più concrete promesse dell'automobilismo mondiale, Nannini rispose che non sapeva nemmeno chi fosse. E lo stesso disse, a questo punto forse per un vezzo, quando gli parlarono di Jim Clark, di Jackie Stewart. Per altri questa carenza di nozioni avrebbe rappresentato un concreto impedimento per far carriera. Invece, proprio grazie a questo, Alessandro si è presentato nel mondo delle gare senza alcun timore reverenziale. Ha duellato ruota a ruota con tutti i grandi, infischiandosene del fatto che si chiamassero Prost o Senna, Patrese o Mansell. Ma attenzione: il suo stile di guida, naturale e istintivo, si è progressivamente affinato. Dal 1986, anno del suo debutto in Formula 1 con la Minardi, al 1990 Nannini ha preso parte a 77 Gran Premi, andando a punti in ben diciannove occasioni. Un bottino da osservare attentamente perché nelle prime due stagioni il pilota senese non disponeva certo di una monoposto in grado di lottare per le prime posizioni. Una volta arrivato alla Benetton, Nannini ha saputo modificare anche il suo modo di correre: aggressivo, vivace, non ha mai gettato al vento le occasioni, dimostrando anche buone doti di tattico e di collaudatore. Un professionista totale, insomma, capace di imprese uniche. A Imola, nel 1988, fu l'eroe della corsa. Dietro all'imprendibile Senna e alla sua McLaren, la Benetton di Alessandro si produsse in una rimonta eccezionale, a colpi di ruotate con la Williams dell'amico Riccardo Patrese. L'epilogo fu sfortunato perché Nannini dovette accontentarsi del sesto posto finale invece del terzo. In quell'anno, però, si prese la rivincita in un'edizione bagnatissima del Gran Premio d'Inghilterra, giungendo sul terzo gradino del podio dopo averne combinate di tutti i colori. Nel 1989 Nannini vinse il Gran Premio del Giappone, ma fu il primo ad ammettere di non sentire completamente sua quell'affermazione per via dell'esclusione dalla classifica inflitta ad Ayrton Senna. Ancora oggi, tra le maggiori soddisfazioni del pilota toscano, restano i sedici giri trascorsi al comando nel Gran Premio di Germania del 1990 o lo splendido terzo posto del Gran Premio di Spagna dello stesso anno, l'ultimo da lui disputato. Il 9 e 10 maggio del 1992 Alessandro Nannini da Siena, pilota ufficiale dell'Alfa Romeo nel difficile Campionato italiano Superturismo, trionfa nelle due prove tricolori dell'autodromo del Mugello. È l'inizio ufficiale di una nuova carriera. (G.S.) |