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Ugo SIVOCCI (Salerno, 29 agosto 1885 – Monza, 8 settembre 1923) è stato un pilota automobilistico italiano. Cominciò la sua attività sportiva come ciclista. Dopo la prima guerra mondiale fu assunto come meccanico in un’azienda di Milano.Fu grande amico di Enzo Ferrari e a lui si deve il merito di aver portato il "Drake" nel mondo delle corse, facendolo assumere alla CMN. Nel 1920 fu preso alle dipendenze dell’Alfa Romeo come terza guida dell’ Alfa HP 20-30 ES Sport dopo Enzo Ferrari e Antonio Ascari. Con questa vettura arrivò secondo alla Parma- Poggio Berceto nell’edizione 1923. Nello stesso anno conquistò il successo più importante della sua carriera automobilistica, vincendo alla Targa Florio con un’Alfa Romeo RL. Il successo dell’Alfa Romeo alla competizione fu completato con il secondo posto di Antonio Ascari ed il quarto con Giulio Masetti. Morì lo stesso anno durante i collaudi dell’Alfa Romeo P1 all’ autodromo di Monza. Il numero della vettura guidata nella sciagura, il 17, non fu più assegnato alle vetture da corsa italiane. Sempre a lui si deve l'introduzione del "Quadrifoglio" sulle vetture Alfa Romeo. |
12^ TARGA FLORIO | |
13^ TARGA FLORIO | |
14^ TARGA FLORIO 15 aprile 1923, UGO SIVOCCI vince su ALFA ROMEO RLTF.
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1923. SIVOCCI festeggiato dalla squadra Alfa Romeo. | |
8 settembre 1923, Monza, l'ALFA ROMEO P1 di UGO SIVOCCI, numero 17, viene portata via dal circuito dopo l'incidente. Dopo la morte di Masetti avvenuta alla 17^ Targa del 1926, su una DELAGE numero 13 , entrambi i due numeri non furono più adoperati nelle corse automobilistiche. |
SIVOCCI, l'amico di Enzo Ferrari (da LA MANOVELLA) Per un pilota, morire durante le prove, o gli allenamenti, è doppiamente nefasto: perché la sua vita, il suo nome, scompaiono all'improvviso, senza nemmeno l'epica di una lotta all'ultimo respiro, senza spettatori che assistano all'estrema arditezza. In prova si muore da soli, e spesso, come nel caso di tanti piloti, senza capire perché: per fatalità, così si dice quando non si sa cosa dire. Il giorno dopo, tutti alla linea di partenza per la gara, come se il pilota appena caduto non fosse mai esistito. Per il milanese Ugo SIVOCCI, morto a Monza l'8 settembre di ottant'anni fa, durante le prove per il 1° Gran Premio d'Europa, non fu proprio così. Alle nove e mezzo di domenica 9 settembre 1923 i concorrenti cominciano a disporsi sulla linea di partenza, ma la griglia presenta tre buchi. In seconda fila manca la vettura n. 6, in quarta la n.12, in sesta la n. 18: sono i vuoti lasciati, oltre che da SIVOCCI, da Antonio Ascari e Giuseppe Campari, ritiratisi in segno di lutto per la morte del loro compagno di squadra il giorno prima. E' l'ingegnere Nicola Romeo, consigliere delegato dell'Alfa Romeo, ad annunciare il ritiro: "Una sciagura dovuta a slittamento sulla pista bagnata ci priva, a poche ore di distanza dalla grande prova, del nostro più assennato ed esperto guidatore, del nostro SIVOCCI. Il dolore per la perdita del buon amico e valoroso collaboratore ci fa dimenticare in questo momento le ansie divise nel lavoro comune con lo scomparso... Ma l'animo dei nostri guidatori non può essere sereno, né sa tentare di ripassare con mano ferma accanto al corpo ancora caldo del compagno. Perciò, con la stretta al cuore..., ci vediamo costretti a disertare quel campo di lotta sul quale ritorneremo presto a combattere". Ugo SIVOCCI non è tra i piloti entrati nella leggenda, non diventa il nome ricordato e scandito dalle folle. Fu di quei piloti preziosi ed oscuri, più collaudatori che corridori che arrivano d'improvviso alla notorietà del grande pubblico grazie ad una vittoria eclatante, in grado di premiare d'un colpo anni e anni di lavoro svolto infaticabilmente alle spalle di compagni più noti, loro sì idoli del pubblico. Nato a Milano nel 1885, si appassiona al ciclismo sulle orme del più famoso fratello Alfredo. Dal ciclismo però è difficile trarci da campare, e il giovane Ugo è costretto a guardarsi intorno e cercarsi un lavoro, lasciando perdere le due ruote. La sua carriera professionale inizia come collaudatore presso la De Vecchi Strada & C. (poi De Vecchi & C.), azienda automobilistica milanese che espone i suoi modelli ai Saloni di Milano e Torino fin dal 1906. Poco prima della guerra, nel 1913, proprio SIVOCCI ottiene il primo risultato sportivo della casa: è secondo di categoria alla Parma-Poggio di Berceto. Ben più rilevante il risultato della seconda gara a cui partecipa, la De Vecchi: SIVOCCI, con il meccanico Castoldi, e il suo compagno "Gloria", Alberto Mariani, si classificano rispettivamente sesto e terzo alla Targa Florio di quell'anno, al cospetto di vetture ben più collaudate come Fiat, Ford, Mercedes, Seat. Le riviste dell'epoca non mancano di sottolineare il lusinghiero risultato, ottenuto in una gara tra le più dure al mondo (1050 km di strade terribili, che falcidiano i concorrenti), correndo su vetture con la più piccola cilindrata tra tutte e 34 le partecipanti. Durante la guerra la De Vecchi traballa, si trasforma in società anonima e si dedica alla costruzione dei motori di aviazione. La situazione però è precaria. Nel 1919 una nuova società, la Costruzioni Meccaniche Nazionali, ne acquista gli edifici in via Vallazze e ne eredita anche gli uomini. Sarà proprio alla C.M.N. che SIVOCCI farà uno tra i più importanti incontri della sua vita: quello con il giovane ed inesperto Enzo Ferrari, con il quale stringe un'amicizia indimenticabile. Ferrari stesso ricorda la figura di SIVOCCI, nel suo libro di memorie: "Quando poi passai a Milano, alla C.M.N., prima come collaudatore ed in seguito come pilota da corsa, il salario si fece un poco alla volta più sostanzioso. Fu da allora che non ebbi più preoccupazioni digiunatorie... Ad aprirmi le porte di Milano fu Ugo SIVOCCI, un grande amico. Ci conoscemmo al bar Vittorio Emanuele, a Milano...Ugo era il capo collaudatore di una fabbrica di automobili e abitava in una villetta di piazzale Rotole, famoso in quel tempo per un delitto passionale. La piccola fabbrica, in fondo a via Vallazze, si chiamava C.M.N., Costruzioni Meccaniche Nazionali...In questa fabbrica venivano montati su nuovi telai, con materiali residuati della Isotta Fraschini, i motori 4 CF...Sivocci mi prese dunque con sé alla C.M.N. e fu lavorando con lui che avvertii le prime serie avvisaglie di una piccola vocazione, quella di pilota di automobili da corsa". |