6 maggio 1906 | |
Quando nel 1905 Vincenzo Florio espose al suo amico Henry Desgrange, direttore del quotidiano parigino « L'Auto », l'idea di organizzare una corsa automobilistica in Sicilia, l'audacia di tale progetto rasentava quella dei personaggi di Verne che in quei giorni erano estremamente in voga. Vincenzo Florio però, appartenente ad una famiglia che ospitava nelle sue ville palermitane da Guglielmo II di Germania all'attrice Sarah Bernardt, non conosceva ostacoli. Era l'erede, al contempo dinamico e blasé, di una favolosa ricchezza formatasi con un commercio d'avanguardia, ma aveva forse la vaga intuizione che il vento sarebbe presto cambiato e bisognava lasciare qualcosa di immortale che non fosse la sua flotta o le sue industrie. La scelta del circuito, non lontano da Palermo e libero da passaggi a livello, fu opera del suo amico Conte d'Isnello. Si trattava del cosiddetto «grande circuito» (Km. 146,901) che faceva capo al rettifilo di Bonfornello (anziché al bivio Cerda) e traversava anche le due Petralie, Geraci, Castelbuono e Isnello. Il 5 Maggio 1906, alla partenza il più applaudito era Vincenzo Lancia su FIAT; erano assenti però sette delle macchine francesi ottenute con l'interessamento de « L'Auto », a causa di uno sciopero che ne aveva impedito l'imbarco a Marsiglia ed a Genova. Il lotto di dieci concorrenti fu infine dominato da Alessandro Cagno su Itala che percorse i tre giri del circuito, le cui strade erano state «annaffiate» con una soluzione bituminosa perché non si alzasse la polvere, alla media di Km. 46,800. Al secondo posto giunse, dopo circa mezz'ora, l'altra Itala di Graziani che precedeva invece di pochi secondi la BERLIET di Bablot. |
L'ITALA n. 3 di Cagno e del suo meccanico Antonio Moriondo, 130mm di corsa per 150 di alesaggio e 1300 kg. di peso, dominatrice della 1^ Targa Florio. Il piemontese, autore anche del giro più veloce in 2h. 50' 10", giunto sul traguardo, per un brusco colpo di freni, ruppe il giunto cardanico della sua ITALA! | |
"Pochi credevano, in principio, che la nuova prova automobilistica, la quale reclamava già audacemente un posto d'onore fra le riunioni automobilistiche annuali di Europa, meritasse il vanto che le prodigavano i principali giornali sportivi francesi e italiani. Se non fosse stato per la notorietà del cav. Florio, che la organizzava, e per la fiducia che inspirava la sua sperimentata serietà di sportsman, nessuno avrebbe preso sul serio questo improvviso intervento della Sicilia fra le grandi stazioni automobilistiche contemporanee" | |
Alessandro Cagno porta a casa la Targa, che è d'oro massiccio, e trentamila franchi in oro. Quella fortuna sarebbe probabilmente toccata al francesi RIGAL e BABLOT, se a un rifornimento non fosse loro toccato uno spiacevole equivoco:per sbaglio,al posto della benzina gli fecero un pieno d'acqua. Ma altri dodici concorrenti sono ancor più sfortunati. Per un improvviso sciopero dei marittimi è rimasta ferma a Genova la nave che doveva trasportare in Sicilia le loro macchine. Furenti, assistono alla gara da pedoni. | |
Un passaggio in corsa dell'ITALA di CAGNO, notare il milite di guardia al settore! 3.500 carabinieri, guardie e soldati di fanteria vennero scaglionati lungo i 440 Km del percorso | |
Il traguardo con le tribune era disposto lungo il bellissimo rettifilo che costeggia il mare e la ferrovia in contrada Pistavecchia di Campofelice. | |
La "favolosa" tribuna d'onore riservato alle autorità locali allestito a Petralia Sottana. | |
La prima Targa Florio di domenica 6 maggio del 1906 é raccontata dal Giornale di Sicilia con ampio spazio, titoli grandi in alto e caricature dei piloti più famosi. Trattata come un avvenimento straordinario e tale e per Palermo, tappezzata di splendidi manifesti. L’entusiasmo spinge migliaia di persone ad andare a Termini Imerese con automobili, carrozze, perfino carretti siciliani e soprattutto sui treni speciali che partono uno dopo l’altro, dalla stazione. "Alle 5,30 — scrive il Giornale di Sicilia - con mezzora di ritardo, arriva il treno da Palermo, riversando sul prato migliaia di persone, fra cui le più note famiglie palermitane". Donna Franca Florio, moglie di Ignazio, si avvia alle tribune di Buonfornello, in territorio di Campofelice, dov’e fissato il via. Un ampio velo le copre il cappello e le spalle; l’ombrellino contro il sole, i guanti. Le altre dame gareggiano in bellezza con incantevoli toilettes. Gli uomini portano la paglietta. All’Hotel delle Terme,base della manifestazione voluta da Vincenzo Florio, si scommette sul pilota vincitore. La corsa parte alle sei, le auto alzano nuvole biancastre nonostante il fix sparso sulla strada. I tempi vengono dati in tempo reale alle tribune, grazie al telegrafo. l'arrivo di un auto sul traguardo e annunciata da un colpo di cannone e da uno squillo di tromba. Vince Alessandro Cagno su Itala, dopo tre giri del Grande circuito delle Madonie, nove ore e mezza di corsa, a 46,8 chilometri l’ora. Una gara durissima con centinaia di curve. L’audacia del secolo nuovo rompe con il "teuff teuff" dei motori (cosi si scriveva allora) il silenzio delle campagne. E il culmine della Belle Epoque, ignara delle guerre venture. I primi due trofei sono firmati da Rene Lalique. Negli anni successivi altri artisti segneranno la gara. Duilio CAMBELLOTTI e autore della bellissima Targa del 1908 e poi le illustrazioni di Terzi, Dudovich, De Maria, Gregorietti. Inizia una storia lunga più di cento anni che riguarda l'audacia dei piloti, il progresso dell’automobile ma soprattutto il costume siciliano. (Guido Fiorito - da La nostra storia, la vostra storia Giornale Di Sicilia). | |
Lunedì 7 maggio 1906. La Targa Florio è in prima pagina sull' L'ORA quotidiano di Palermo. |
La Targa Florio nasce nella mente di Vincenzo Florio, giovane magnate di una ricchissima famiglia palermitana ed appassionato di automobilismo nel 1904, al circuito di Brescia, ove partecipava come concorrente. In quell’occasione, il Direttore di gara, Mercanti, gli suggerisce di organizzare, proprio a Brescia. una competizione da chiamare "Coppa Florio". L'idea piacque subito a Vincenzo Florio che l’anno successivo; per sostenere l`iniziativa. partecipa alla "Gordon Bennet Cup"' che si disputava in Alvernia (Francia). Qui stabilisce necessari contatti con gli organizzatori di gare automobilistiche, personaggi nel Jet Set Internazionale e Blasonati piloti quali Thery, Nazzaro, Cagno, Lancia e Duray, ma è soprattutto l’incontro con il suo amico Charles Faroux, redattore del giornale sportivo francese "L’auto" diretto da monsieur Desgrange, a fargli ottenere l'appoggio incondizionato, a sostegno della sua idea; lo sfondo del circuito d’Alvernia ricordava a Vincenzo la natura della sua terra, così che decise di organizzare oltre che "La Coppa Florio" a Brescia, un’altra gara in Sicilia che poi denominò "Targa Florio". Quest’ultimo progetto fu così presentato a M.R. Desgrange, a Parigi nel 1905, il quale mostrò entusiasmo e si disse pronto a sostenerlo con tutti i mezzi a sua disposizione. La gara si sarebbe disputata sulle Madonie su di un circuito di 148 Km, da percorrere tre volte per complessivi 444 Km. La partenza era stata stabilita a Buonfornello sul livello del mare. Da lì il percorso si sarebbe insinuato, come un serpente, inerpicandosi sulle colline e sulle montagne di uno dei più suggestivi paesaggi di Sicilia, per poi discendere nuovamente al mare. Le strade non ancora asfaltate, avrebbero aggiunto altre difficoltà al circuito caratterizzato da numerosissime curve. Si sarebbero attraversati i centri di Cerda, Caltavuturo, Castellana, Petralia Sottana, Castelbuono, Collesano e Campofelice, ove la gente continuava ad andare sul dorso dei muli e le auto non avevano ancora fatto la coro comparsa. Estremo contrasto fra il nuovo che avanzava ed il vecchio che cominciava a scomparire. Il 6.5.1906 alle ore 6.00 prendeva così via la 1^ Targa Florio. Alla partenza dieci piloti. Cagno, su Itala, il primo vincitore con il tempo di 9h 32’ 22", alla media di 46,5 Km/h. Il successo della gara fu immediato e da quel momento in poi la Targa Florio entrava nel novero delle gare automobilistiche tra le più prestigiose, diventando, con il tempo, la gara di durata più impegnativa su circuito stradale e passando alla storia come leggendaria, ancorché la più antica tra quelle che ancora oggi si disputano. Sul circuito delle Madonie, dal 1932 definitivamente ridotto a percorso di 72 Km, da ripetere più volte, si sarebbero cimentate le più importanti case costruttrici d’automobili. Queste ritenevano la Targa Florio il più importante banco di prova sul quale si potevano verificare e testare i progressi tecnici che ciascuna di esse andava sviluppando e ancora vi si sperimentavano nuove soluzioni. Bugatti, Maserati, Fiat, Alfa Romeo, Lancia, Mercedes, Ferrari e Porsche e piloti come Nazzaro, Masetti, Divo, Nuvolari, Brivio, Villoresi, Biondetti, Maglioli, Bonnier, Gendebien e Vaccarella hanno più volte calcato il podio del vincitore legando indissolubilmente il loro nome alla targa e diventandone, con essa, miti. Nulla era scontato sul circuito della targa, neanche quando poteva sembrare che il pronostico fosse già deciso ancor prima della partenza. La targa non concedeva spazi a nessuna illusione, ma pretendeva una serie, accurata e meticolosa preparazione. Tutto questo le costruiva attorno quel fascino, che ancora oggi rimane intramontabile e che si può palpare ripercorrendo le sinuose strade che la resero famosa. |
Per la prima Targa sul «Giornale di Sicilia» del 5 maggio del 1906 campeggia un titolo grande, in testa alla pagina. «Termini — inizia l'articolo della vigilia — la tranquilla industre cittadina specchiante su d'un golfo d'opale non si riconosce più. E corsa in ogni senso da un nugolo d'automobili che s'inseguono vertiginosamente e passano davanti agli occhi attenti del pedone, rapidi come una visione». Il «teuff-teuff», come si scriveva allora con scrittura onomatopeica, delle macchine rompeva il silenzio delle campagne, il giornale non mancava di riportare le preoccupazioni dei contadini che le loro bestie potessero finire sotto le ruote di quelle che sarebbero divenute le nuove padrone delle strade. Allora giravano in Italia poco più di tremila vetture e una cinquantina in Sicilia. La corsa era stata voluta dal più giovane rampollo di casa Florio, Vincenzo, lui stesso uno dei primi piloti italiani: nel 1902 con una Panhard Levassor aveva battuto la Fiat di Vincenzo Lancia a Padova. E Vincenzo dello sport siciliano, soprattutto fino agli anni Trenta, sarà il principale animatore in tutte le discipline. Cefalù scartata La prima edizione della Targa si disputò su tre giri del «Grande circuito delle Madonie» (Cerda - Caltavuturo - Castellana - Petralia - Castelbuono - Collesano - Campofelice, dì 148 chilometri) e l'arrivo fu posto sul rettifilo fra Buonfornello e Campofelice. Lungo il percorso furono distribuiti 3.500 tra carabinieri, soldati dì fanteria e guardie. Il circuito era stato consigliato dal conte di Isnello ma Cefalù fu scartata per evitare un passaggio a livello. La corsa era dotata di 40.000 lire di premi che erano allora una bella cifra. Intervennero giornalisti di tutte le nazioni e un pubblico enorme. La gente, e quella usanza durò a lungo, si recava alla Targa con i treni straordinari (con sconto del 75 per cento sulla tariffa) che partivano uno dietro l'altro nella notte. Il primo nel 1906 lasciò Palermo alle tre. «Alle 5,30 — scrive il 'Giornale di Sicilia' — con mezz'ora di ritardo arriva il treno da Palermo riversando sul prato un migliaio di persone, fra cui le più note famiglie palermitane». Nello stesso articolo si aggiunge che la città, contemporaneamente, era quasi deserta e che diecimila persone vi erano restate per mancanza di treni, nonostante fossero state richieste numerose vetture supplementari dal Continente. «Numerosissime — continua l'articolo — le signore in eleganti toilettes d' occasione e le signorine soavissime negli abiti primaverili». Inizia così, con la prima Targa, il problema che divise per lungo tempo i palermitani su cosa indossare per seguire la corsa, se vestire in modo elegante o sportivo. In quella prima volta, la moda per le chauffesuse (guidatrici) voleva le belle donne avvolte di veli contro la polvere. Così donna Franca Florio, moglie d' Ignazio, fratello maggiore di Vincenzo e imprenditore che teneva le redini dell'impero economico costruito in meno di un secolo dalla famiglia, si avviava alla tribuna di Bonfornello con un ampio velo che le copriva il cappello scendendo fin oltre le spalle, l'ombrellino contro il sole e i guanti. |
TARGA FLORIO (ARTICLE FOR CONCORSO ITALIANO 2006 CATALOGUE) by Aldo ZanaWhen Nicolas II, the tsar of Russia, travelled to Sicily, the highlight of the visit was the reception at “Villa l’Olivuzza” in Palermo: he loved so much the decor of the dining room to order a replica for his Winter Palace in Sankt Petersburg. Wilhelm II, the emperor of Germany, called many times at l’Olivuzza. In his first visit, he was so impressed by the beauty and the regal image of the lady hosting him that, while kissing her long and gentle hand, paid a compliment never heard before, in his heavily accented French: ”Voici, la veritable etoile d’Italie”, (i.e., here is the real star of Italy). He presented her an autographed portait with the same dedication. There was more than a fuss among Palermitan high society because, even in that far-away region of the kingdom of Italy, there was only one “star of Italy”: the much loved Queen Margherita of Savoy, the Queen Mother, widow of King Umberto, assassinated 1900 in Monza. That lady star wasn’t even born noble: she was Donna Franca Jacona Notarbartolo di San Giuliano (1873-1950), universally acclaimed as the most fascinating woman of Sicily, married to Don Ignazio Florio (1868-1957), the older brother of Vincenzo, the founder of the motor race. And beautiful she was, indeed: just look at the portrait by the Italian master painter Giovanni Boldini (1842-1931). A soft beauty with flashing eyes, the essence of the feminine values as they were at the peak of the Belle Époque, in the opening decade of the 20th century. She wears one of her pearl necklaces, ordered in Paris, like her haute-couture evening dress. Her necklaces were a subject of whispering and even overt remonstrances by the establishment because they were longer than Queen Margherita’s. And everybody knew that the Queen loved quite long pearl necklaces. The final version of the portrait was redone by Boldini in 1924, because the original, painted in 1900, was rejected by Don Ignazio under the accusation of “indecency”. Boldini, a lover of the female body better than dresses and jewels, originally portraited Donna Franca with a strap mischievoulsly loose down the shoulder and showing her charming feet dressed in silk shoes of Parisian style. Her long legs were uncovered until up the ankles: too much for the vision of a lady. A unique group of charming ladies and girls, the top of the Sicilian society, gathered around Donna Franca and the Florio family, doing everything conceivable or unmentionable for being a guest at their receptions and fêtes. (It was easier when approaching Don Ignazio, an universally known philanderer). At the eve of the 20th century, the Florios owned a conglomerate whose turnover was in the top league in Europe. They were by far the wealthiest family in Sicily, eclipsing any fortune that the too many princes, dukes, counts and noblemen of the island could have amassed since the Arab and Norman invasions. The saga of the House of FlorioThe Florio family entered the Sicilian scene in 1832, when Paolo, a humble merchant from Calabria, crossed the narrows separating Sicily from the continent and settled in Palermo, then one of the brightest and lively cities in a land still far ahead of becoming an unified country. Paolo opened a grocery shop, and soon he went on importing spices from Middle East and North Africa. To guarantee the supply, he bought some sail vessels to link Palermo with the Eastern and Southern shores of the Mediterranean. His son Vincenzo Sr. (1799-1868) inherited the shop, the warehouses, the vessels, and began a business diversification: canned tunafish. In 1841, he bought the “tonnare” (i.e., the offshore fishing facilities) in the tiny Egadi islands, off the Western tip of Sicily. Vincenzo Sr. married a Milanese bourgeoise, Giulia Portalupi: they had two girls and a son, Ignazio Sr. (1838-1891). Vincenzo Sr. was a creative and restless entrepreneur: he travelled to Paris, Berlin, London to sell products, meet people, trigger new ventures. In London, he met Benjamin Ingham and came back with the plan for establishing, in 1831, his own distillery of the Marsala wine. The English monopoly was finished for good: Marsala Florio is still a world-known brand. Due to the unpassable roads from Sicily to the markets in the centre and north of the then unified Italy (not to say in other European countries), Vincenzo became the owner of a fleet of steamer ships, commissioning them to the leading English shipyards and, later, establishing his own’s in the Palermo harbour. By law, a private enterprise was forbidden from owning more than 99 ships. Vincenzo Sr. ordered a goldsmith to produce his 100-th: a model of solid gold, worth like a real ship, proudly on display in his office room. Ignazio Sr. took over the family business at his father’s death in 1868. Under his restless push, the “House of Florio” (Casa Florio) became the ruling economic power of Sicily. The old establishment of worn-out noblemen was forced to accept those too rich bourgeois, who climbed up to the top of local society. Among Florio’s most prized acquisitions, there was the entire Egadi archipelago, where a de-facto monopoly of tuna fishing and canning was established in 1872, creating 500 workplaces. While the Belle Epoque spread over Europe its final waves of a carefree lifestyle, the industrialization of the new dominant countries and the establishment of international trade forced Sicily out of the mainstream transformation. Nevertheless, Casa Florio still prospered when the fourth generation took the helm of the family business with Ignazio Jr. in 1891. He opened a cotton mill and a bank, Banco Florio (of course); established a joint-venture with UK partners to exploit sulphur mines; funded the construction of the Teatro Massimo in Palermo (1897), soon to become one of the leading opera houses in the world. (Vitriolic neighbors rumored that he did such an investment for winning the graces of dancing etoiles and chorus-line girls, as well as sopranos and mezzos: his list is said to enclose such international celebrities like opera singer Lina Cavalieri and showgirl-dancer La Belle Otero). Did he get bad press? He opened a newspaper, “L’Ora” and lured the best Italian journalists to produce what for many decades was the leading daily in Sicily, yet no longer owned by the Florios. Maybe as a gesture of benevolence towards his younger brother Vincenzo, an incurable fan of motor carriages, he established in Palermo a short-lived assembly factory of French-made cars. On the contrary, his mechanical shops prospered, as did the chinaware factory. The “Olivuzza” villa, and, later, the “Villa Igiea” residence (today, one of the top hotels in town) became the centre of Sicilian society: Queen Margherita and his son, the reigning king of Italy, Vittorio Emanuele III, paid visits to Donna Franca when in Palermo. His Catholic Majesty Franz Joseph, the emperor of Austria and king of Hungary, presented her with the same horn used in his cars, telling her to mount it in her automobile when in Vienna: hearing such a distinctive sound, the loyal subjects would have paid deference to her as to the empress. In other words: she deserved to be revered as an empress. Yet, in 1908, Ignazio Jr. was forced to sell to the banks the steamer ship company to cover the huge debts generated by operating losses and by the unrestrained expenses to let the family live “la belle vie”. He was too short-sighted and parochial to understand the unsustainability of a locally-based primary business in a region too far away from the core of the new industrial powers. Furthermore, family interest and business management were too tighly intermixed to place the latter on a safe survival path, not to say growth. Nothing of that surfaced in the Palermo dolce vita. Casa Florio, host to kings and emperors, well established into Sicilian society, enjoying tight family ties with the nobility, could not collapse. When banks withdrew credit, key businesses had to be sold to cover running losses and accrued debts. By 1915, all operations, the villas and the whole family estate were gone. Even Donna Franca’s priceless pearl necklaces and wonderful jewels were sold out. Then, the war switched the focus on different issues. But, from 1904 to 1914, Casa Florio still had enough wealth to establish and generously fund a motor race in his name: “Europe’s most celebrated race”, as Mercedes-Benz Racing Director, Alfred Neubauer wrote. And here enters Vincenzo Florio and his immortal race. Vincenzo Florio and early motor racingVincenzo (Palermo March 16, 1883-Epernay, France, January 6, 1959) was the youngest of the four sons of Ignazio Sr. and baroness Giovanna d’Ondes Trigona. He carried the name of the first-born, who died as infant. Vincenzo and Ignazio Jr. had a sister, Giulia (1870-1970), who married Prince Pietro Lanza di Trabia, heir to one of the oldest noble families of the island. The story goes that the prince commented about his bride: “She is the daughter of a merchant, yet I’ll manage to make a real princess out of her”. What he forgot to mention was that her dowry amounted to 1 million Lira-gold, then an immense fortune. Vincenzo didn’t show any attitude for running the family business, which was firmly in the hand of his 15-year older bother Ignazio, yet he is the only one who made history, despite being the last of the family. At the age of 17, he received the first motor car as a gift from the brother: he used to scary shoopkeepers, ordinary people, and the horses of noblemen’s carriages, while motoring wildly along the busy central streets of Palermo. Then, he realised that a man of his status couldn’t drive by himself on ordinary roads. He kept racing for him and hired chaffeurs for day to day transfers. They, later named as “Director of the Motor Stable”, were quite important persons: Felice NAZZARO from Turin, Italy, and Victor Rigal from Lyon, France. They were to become some of the greatest racing drivers of their time, after having raced and won for Florio. (Just think as employing young Michael Schumacher and Dale Earhardt Sr. as personal chaffeurs and grease monkeys). Yet, Palermo was too small for Vincenzo and his cars. He went to the North of Italy, was refused a Fiat racing car by Giovanni Agnelli in 1902 without written permission by Don Ignazio and their mother, entered a French-built Panhard & Levassor 42 HP in a minor event in Padua and won. He contested in some other competitions ammassing easy wins thanks to the superiority of the cars which he could afford to buy. Even journalists took note of him, as “La Stampa Sportiva” wrote in 1902, when Vincenzo was only 19: “Very seldom, in Italy, one may look at a very wealthy young man, belonging to one of the richest Italian families, whom life could dispense every pleasure and every satisfaction in any sector, attempting such a difficult and dangerous task (i.e., motor racing) with such an enthusiasm and faith.” Brescia was then the Italian centre for motor racing, even if the Mille Miglia race was due to start in 22 years. The wealthy young man from Sicily generously funded the 1905 “Brescia Motor Week” on September 2-10, 1905. He donated 50,000 Lire and a Cup for the winner. The “Coppa Florio” was born: it was to be held until 1929, when the Targa Florio had already been established. The winner on September 10 in Brescia was Giovan Battista Raggio on a Itala 100 HP, 14.8 liters. Vincenzo Florio finished ninth on his Mercedes 125 HP, 14 litres, some 45 minutes behind Raggio. He was also beaten by his former employee Felice NAZZARO, who came home sixth on a Fiat 100 HP, 16.3 litres. The 1906 Coppa Florio in Brescia was cancelled at the very last moment, due to the impossibility to safely patrol the roads. The second Coppa was therefore pushed back to September 1, 1907 on a circuit very close to the one to be used many years later, in 1940, by the Mille Miglia. The winner was Ferdinando MINOIA, Isotta Fraschini I 80 HP, 8 litres. Let’s mention the third Coppa, held in the vicinity of Bologna (Northern Italy) on September 6, 1908, won by Felice NAZZARO, Fiat 100 HP, 12 litres, defeating one of the best line-ups seen that year in Europe. The fourth Coppa (May 31, 1914) was a minor event on the same roads of the Targa: Felice NAZZARO won again on a 4.4 litres car with his name. The rules issued that year stated that the Coppa would have been given in perpetuity to the constructor recording most wins out of seven editions. At the restart after the war, the 1921 Coppa was awarded to the winner of the Brescia Circuit on September 4: Jules GOUX, Ballot. The sixth and seventh editions were ran in 1922 (November 19, winner: André Boillot, Peugeot) and on April 27, 1924, when both Coppa and Targa went to Christian Werner on a Mercedes. It was awarded to Peugeot, thanks to its two wins. The Coppa was contested again from 1925 to 1929, four times in the same race as the Targa and once (1927) in France, on a Saint-Brieuc circuit. Winners were Boillot (Peugeot), COSTANTINI (Bugatti), Laly (Aries), Divo (Bugatti). How the Targa Florio was bornHistory goes that Vincenzo Florio conceived a motor race across Sicilian country when he attended the 1905 Gordon Bennet Cup in France. He got the seal of approval by Henry Desgranges, the powerful chief-editor of the magazine L’Auto. A circuit without railway level crossings was found in the hills and mountains south of Palermo, with start and finish on a straight along the sea, close to the mainline railway to Messina. The finish line was set between Campofelice and Bonformello, 30 miles East of town. The Grande Circuito (Outer Circuit) delle Madonie was tracked: 92.6 miles a lap, highest elevation around Geraci Siculo at 3,413 feet. For most of the peasants living up the Madonie hills, the vision of a motor car was a novelty. Herd of goats, lonely cows, stray dogs, and even an occasional wolf were unsurprising encounters across the Madonie roads, yet no one of the competitors ever saw one of those bandits with pointed cap, laced boots and a sawn-off shotgun hanging from the shoulder, as Gordon Crosby did in his famous illustration. The Targa was a piece of art by René Lalique in Paris. It changed in the years and was gold plated for the winner, silver lined for the runner-up, and plain bronze for the third placed. As customary with Vincenzo Florio, the purse was generous, richer for constructor than drivers. While Vincenzo was in charge of the contacts before the race and its overall supervision, Donna Franca was, indeed, the real social pivot of the motoring event which made the name of Florio for ever linked to the history of automobile competitions. Her husband Ignazio, as the caretaker of the family fortune, was the one opening the purse, because even the rich allowance given to Vincenzo was not enough to cover all expenses. We have here an early example of corporate sponsoring. The organizing committee gathered under the label of a purpose-established “Panormitan” committee, which gave itself the mission of organizing feasts and also automobile races. It listed 3 princes, 2 counts, 3 marquises, and 3 barons. By May 1906, a makeshift village of wooden pits and grandstand, with carpeted marquees as hospitality centres, was erected in Bonfornello. Since the Twenties, those rough huts have evolved into Floriopoli, a concrete village and racing service facility, a monument to the Targa, still existing in Cerda, a few miles from the original site. The day at the races in Bonformello became the opener of the Sicilian summer social season: everybody wanted to be there, meet the Florios and, maybe, win the honour of being a guest of Donna Franca in their marquee, where the opulence of in-town receptions was replicated. As a news reporter presented it: “The night before the Targa, Palermo lost its population. The long road through Termini Imerese to the hills of the Madonie was filled by the diaspora of Palermitans of every social state, whose sudden interest for motor sport pushed a huge crowd, together with their food and wine, towards the stage of the precipitous race, whose average speed shocked the right-minded person: 60 km/h (i.e., 37 mph)! On that day, Bonformello also welcomed a singular gathering of womanly beauties.” At 6.00 am of May 6, 1906, under a clear and bright sky, the chief timekeeper Gilbert Marley released the Fiat 24/40 HP, 7.4 litres, driven by Vincenzo Lancia, followed at 10 minute intervals by nine other competitors. At the end of the gruelling three laps, the winner on elapsed time was Alessandro Cagno (Itala). He spent 9h 32’ 22” to cover the 275.4 miles of the race. Donna Franca presented the Lalique-carved Targa to the winner, who came later to cash the 25,000 Lire of his purse. Among DNFers, together with Lancia, there was Victor Rigal, then in charge of the Florio car stable: after a second lap at record pace, he came into the pits and had water poured, by mistake, into the gasoline tank by his mechanics, full time employees of the Florio family. It’s an easy guess that, after the race, there was a profound reshuffle of workers at the family garage. RAPIDITAS and the 1907 raceWith the opening event, another Florio legend in the motoring world came along: the “Rapiditas” (speed, in Latin) magazine, a limited circulation, lavish publication celebrating the Targa. Its nine issues covering races until 1930, are today among the most sought after car publications. In the bombastic prose of 1906, the magazine introduced its scope and vision: “Everything, in the human existence, becomes day after day faster and feverish. Every modern man lives ten lives and every place on Earth shares at the same time its existence with a thousand others: RAPIDITAS, here is the new goddess, to which an altar is raised nearly in every conquest of science, and a glory hymn is song in about every form of activity. In such a fever of wonderful annihilation of the distance, the automobile will be honored as one of the highest conquests of the human genius, and it will be called to be, maybe, the most fruitful bringer of material advantages and spiritual passions.” The 1906 Targa had been an “audacious” task, yet, as “Rapiditas” put it: “Deep are our faith and love on which we are ready to carry it out again.” 1907 was set to be the highlight year of the early era. They came from France, Germany and Italy lured by the race, the rich purse and the appeal of Sicilian women, food, and hospitality. A bunch of French journalists reached Palermo on a Florio steamer from Genoa, poised to witness the victory of their boys: 15, including top drivers like Arthur DURAY, Victor HEMERY, Louis Wagner at the wheel of De Dietrich, GOBRON-BRILLIE, Darracq, CLÉMENT BAYARD, ROLLAND PILAIN. The latter car recorded 3,208 lbs, empty, on the scale, while a Monsieur Faure (Gobron Brillié no. 19B) was the heaviest driver: 306 lbs. Italians showed up in force, 21 cars and drivers. The stars: Felice Nazzaro and Vincenzo Lancia on the 20/40 HP racing Fiats, with a third car for Aldo WEILLSCHOTT, sort of amateur driver-sales representative of the marque. Alessandro Cagno, the 1906 winner, entered a 35/45 HP Itala. At the eve of the race, scheduled on April 21, a heavy rain cast doubts on the roads up the Madonie hills being passable. They were, while paddock, grandstand and pit area had to be hurriedly cleared by thousands of workers hired by the powerful friends of Vincenzo Florio. An uncensored journalist wrote: “Since 3 am, when the first train left Palermo for Bonformello, the expectation for the event was feverishly mounting. The terrain was still wet, one plunged into deep puddles, the mud violated the fascinating toilettes of the ladies and the dernier-cri (i.e. the latest) attires of dandies”. The first competitor, Philippe Savion (or Salvioni, as he was also known), opened the race, leaving Bonformello at 5.40 am on his ROLLAND PILAIN race number 1A. Next to leave, after 3 minutes, was a driver with a name destined to achieve global fame as a manufacturer: Fritz von Opel on the 2A Opel. Hardly in his second lap, he hit a goat and was sidelined. Rigal, the unlucky director of the racing stable of the House of Florio, was there again driving a French-built Berliet, number 10A: he was due out in the first lap. The three Fiat were among the last to start: 20A Lancia, 20B Nazzaro, 20C WEILLSCHOTT. The starting procedure ended with the number 23C, the German Dietrich Sparmann on a Benz. 46 cars went away for three laps of the Outer Madonie Circuit, i.e. 278 miles. At the blast of a firecracker, Fritz von Opel was the first back in Bonformello. Vincenzo Lancia arrived an incredible ninth, after overtooking 29 cars: his first lap was the fastest of the day, 2h 43’08” at 34.2 mph. He soldiered away, like Nazzaro, both stopping for fuel and tyres at the completion of the second lap, after a 5h 30’ drive. At the pitstop, Lancia was told that Arthur DURAY, on the 40 HP De Dietrich number 11A, was running very fast. We leave the comment to Antonio Pedone, one the many scribes invited to report on the Targa: “Lancia has a thrill of impatience: he takes the jacket off and, wearing only a white shirt, restarts wonderfully, very fast”. The jacket off meant that it was time to work hard. Announced by the blare of a trumpet, Duray crossed the finish line welcomed by the applause of the French contingent. But, everybody waited for Lancia: here he came, bumping DURAY out of the provisional lead. Now, it was the turn of the Italian crowd to roar its enthusiasm. It pitched even higher when Nazzaro arrived as a sure winner: 8h 17’ 36”, over-12 minutes better than his teammate and 1h 14’46” faster than 1906 winner. Maurice Fabry on a 35/45 HP Itala was third. The first Franco-French competitor home was DURAY, fourth, about 22 minutes behind Nazzaro. Cagno finished fifth on the sister car of Fabry’s Itala. Only two French cars made the top 10, both De Dietrich 40 HP. On drivers, Italy beats France 6-4. “The French contingent looked afflicted: for the second year, the Targa denied its favour to them, despite the formidable preparation of their best cars, driven by top racing drivers”, our reporter wrote. 30 finishers out of 46 starters was quite a result on those roads, making the second Targa Florio the top event of 1907 automobile season. The difficult continuation until 1914By 1908, the motor industry was facing its first major transformation through the establishment of the industrial mass production. There were 8,357 cars registered in Italy in 1907 and 40 manufacturers, too few the former and too many the latter. The Targa didn’t repeat the success of the 1907 edition, also due to changes in the formula, aimed at fostering the evolution of “ordinary” automobiles instead of racing cars, and the switch to longer events, transforming a one day adrenaline-filled competition in a sort of long-distance rally. 17 competitors showed up in 1908 (Nazzaro won on a Fiat), and only 11 in 1909 for a single lap of the Outer Madonie Circuit. The bottom was reached with 5 competitors in 1910. Only 2 survived up to the end of two laps: a Franco Cariolato being acclamed as the winner. The race was changed into “Tour of Sicily” in 1912, 1913 and 1914: 656 miles non-stop in 1912, and in two days the following years. And the 1912 winner was a Cyril Snipe on a Scat 25/35 HP, on a field of unknowns. Nazzaro was beaten to second place by Gigi MARSAGLIA (Aquila Italiana) in the 1913 Tour of Sicily/ Targa Florio. The line-up was good: 33 starters, including such greats as Pietro Bordino and Ugo SIVOCCI. The final year before the outbreak of the first world war, saw two races: the Targa was linked to the third Tour of Sicily, ran on May 24-25, won by Ernesto Ceirano on a Scat, while people of the like of Nazzaro, SIVOCCI, Campari, and Costantini were out in the first leg. Nazzaro won the Coppa Florio, May 31, on 3 laps of the Madonie; Campari was fourth with his Alfa 40/60 HP. While struggling to consolidate the future of the Targa, Vincenzo went through significant milestones of his personal life. About women, he used to follow closely in the steps of his elder brother, yet the gaieté of the early years was shelved when his first wife, the Princess Annina Alliata di Montereale, married in 1909, died of cholera on June 16, 1911, in her early Twenties. She was hurriedly buried in a mass grave. Vincenzo, then 28, found his raison d’être in motor racing, which gave him the strenght to continue even when, his wealth gone, also the health started fading away. Beyond Targa, Vincenzo cultivated other interests in art and travels: in Paris, he met Lucie Henry, a beauty who used to model for the greatest Parisian painters. They married in 1912, and together shared the glamorous world of artists, poets, writers, photographers, musicians living in Paris. They invited them to Sicily for the races: some of the best photos of the early Targas are due to Meurisse, one of the Parisian pals. The golden years. Vincenzo Florio passes away, Targa Florio continues The entry list of the Targas since the Twenties is a who’s who of the best in automotive racing: both cars and drivers. Every corner of the Shorter Madonie Circuit, 67.5 miles, later reduced to 45 miles, had a story to tell. In 1973, Porsche signed the final victory (11 in total) in the Targa Florio as an event for the Manufacturer World Championship. The cars were too fast, and the race too dangerous. The Targa was ran again for some years, without international status, until becoming sort of a rally with a few speed spells. By 1977, the death knell had sounded for the last road race and the oldest continously running one in the world. Vincenzo Florio meet his final day in the cold winter of 1959. On the death bed, the legend says that his last words to his nephew Vincenzo were: “The Targa shall not die with me. It has to go on. I commit it to you. Give me your word that you’ll fulfill it.” And so it was. |
STORIA DELLA TARGA FLORIO PIONIERISTICA Quando Vincenzo Florio cominciò ad organizzare manifestazioni sportive e turistiche aveva soltanto diciotto anni. A quell’età il suo bagaglio di viaggi era carico di esperienze maturate all’estero. Infatti, per acquisire una migliore conoscenza della vita europea e perfezionare le lingue, a quindici anni si era trasferito per un po’ di tempo a Parigi dallo zio, duca di Camastra, e poi a Londra al College Eton. Correva il 1901 quando un pomeriggio di metà maggio, allo Sport Club di Palermo, Vincenzo intavolò una lunga conversazione sulle montagne delle Madonie con Francesco Orestano, presidente del Club Alpino Siciliano. L’argomento che più calamitava l’interesse del giovane era quello concernente la Grotta del Fico di Isnello, dove nel marzo 1891 un pastore, un certo D’Alfonso, aveva scoperto un centinaio di scheletri umani ben conservati, coralli di pietra bianca e vasi di terracotta. Si trattava di un sepolcro di epoca neolitica. A quel tempo le Madonie erano poco esplorate, un campo quasi vergine, e Florio, dopo aver visto alcune fotografie dei luoghi, chiese all’amico Orestano di portarlo in giro per quelle montagne misteriose e piene di fascino. La gita si effettuò nei primi giorni di giugno del 1901, con più tappe, a bordo di una voiturette Renault con motore De Dion - Bouton, di proprietà del principe Pietro Lanza di TRABIA, suo cognato. La provincia di Palermo dei primi del Novecento era dotata di una rete di strade assai limitata, destinata esclusivamente a veicoli a trazione animale. Così, lungo il viaggio spesso la vettura traballava a causa del pessimo fondo stradale. Comunque, Vincenzo Florio non si scoraggiò. Superato Termini Imerese, volle continuare imperterrito la sua marcia. La meta era Isnello. Quando arrivò a Collesano rimase folgorato dal paesaggio, dai capolavori sparsi per le chiese e nei conventi. Apprezzò gli affreschi del Cappellone con le storie dei SS. Pietro e Paolo. Consumato un frugale pranzo, Florio e Orestano proseguirono per Isnello facendosi accompagnare dall’ing. Filippo Sciarrino, direttore di un corpo scelto di guide del Club Alpino Siciliano residenti a Collesano. I tre visitarono i ruderi del castello di Rocca dell’Asine, che prese nome dalla voce punica “hassinor” riferendosi alle fresche acque del fiume sottostante, e la famosa Grotta del Fico. Il giovane Vincenzo fu ammaliato da Fauna e flora. I suoi occhi mostravano irrequietezza per gli spettacolari scenari che presentava il percorso. Dopo quattro giorni di salire e scendere lungo quel territorio, rientrò nella sua casa palermitana dell’Olivuzza e dell’avventuroso viaggio parlò al fratello Ignazio jr e alla madre Giovanna D’Ondes. Quelle località poco conosciute offrivano sicuramente un certo interesse ai visitatori anche dal punto di vista artistico, ed erano valide soprattutto per un turismo alternativo. Visitare la provincia costituiva occasione di distrazione e di svago ma significava arricchire pure la cultura dei gitanti attraverso costumi e cose. Arrivò l’estate e Vincenzo Florio per alcuni mesi dimenticò le montagne delle Madonie. Intanto la sua passione per i motori diventò maniacale. Continuò a viaggiare per l’Europa, dove ebbe modo di provare diverse vetture da corsa. All’inizio del 1902 partecipò alla gara di velocità “Bovolenta-Padova” con una Panhard - Levassor, mettendo alle spalle fior di piloti come Lancia e Cagno. Portò in Sicilia la targa d’oro che il conte di Rignano aveva messo in palio e tutti gli amici gliela invidiarono. Da quel momento il suo chiodo fisso fu quello di riuscire ad organizzare una corsa di velocità lungo le tortuose strade delle Madonie. Chi gli stava vicino cercò di dissuaderlo, una competizione su quelle strade ai più apparve come un suicidio. Ma Vincenzo, fortemente cocciuto nelle sue idee, non mollò. Ascoltava tutti, poi faceva di testa sua. Le partecipazioni a manifestazioni motoristiche diventarono sempre più frenetiche. Fece esperienze correndo al Circuito di Brescia con una Mercedes 60 HP, dove mise in palio anche un trofeo che chiamò “Coppa Florio”. Vincenzo debuttò come organizzatore di manifestazioni automobilistiche il 18 marzo 1904 con la cronoscalata “Palermo - Monreale”. Era la sua prima “creatura”, come ricordò qualche tempo dopo. Per questa nuova esperienza creò la “Commissione Challenge”, composta da personaggi di spicco come il principe Deliella, il cav. Valcarenghi, il principe Furnari, il cav. Ducrot, il cav. D’Angelo. I cinque commissari e lo stesso Florio stilarono anche un regolamento. I partecipanti alla gara furono quattordici - parecchi considerati i tempi -, sette dei quali non siciliani. Don Vincenzo ebbe anche la geniale idea di far coincidere la gara col varo del “Caprera”, la prima nave costruita nei Cantieri Navali di Palermo. Per l’occasione vennero da Roma l’on. Majorana, in rappresentanza del Governo, e il contrammiraglio Aubry. La corsa, tra l’entusiasmo degli spettatori, fu vinta dal conte Ludovico Majorca su Fiat 24 HP. La manifestazione andò benissimo e si concluse a pomeriggio inoltrato, quando nella piazza D’Acquisto di Monreale il trombettiere dei carabinieri Reali suonò la “ritirata” per tutti. Dopo la felice esperienza Vincenzo Florio andò sempre più maturando l’idea di allestire una grande competizione lungo il territorio delle Madonie. Nella primavera del 1905 volle portare in giro per quelle montagne il marchese Della Motta, suo amico e soprattutto grande appassionato di motori. I due partirono a bordo di una Fiat e lo scopo della visita fu quello di tracciare un percorso dove disputare una corsa di automobili. Quando giunsero a Castelbuono, Florio non ebbe più dubbi: la gara era realizzabile. La certezza definitiva la ebbe quando si trovò a Geraci, che per la sua posizione fu nel passato teatro di dure vicende guerresche. La gara doveva servire a richiamare l’attenzione dei turisti verso la Sicilia e, nel contempo, far conoscere le Madonie, una terra vergine con una popolazione che viveva da tempo immemorabile in uno stato di letargo. Dunque, non solo mare per i vacanzieri, ma anche la possibilità di visitare un entroterra interessante dal punto di vista artistico e del territorio. La scommessa di Florio con se stesso cominciava a prendere corpo. Il marchese Della Motta rimase affascinato dai luoghi ed incoraggiò l’idea. A Castelbuono durante il pranzo i due amici parlarono del percorso competitivo ma si soffermarono anche per un po’ a discutere del castello dei Ventimiglia, una costruzione trecentesca dalla vista suggestiva. A quel punto, rientrando a Palermo, Vincenzo diede vita all’Associazione Permanente per l’Incremento Economico, Feste e Riunioni Sportive. Di questo organo fu il presidente. E nell’autunno di quel 1905 non mancò di trascorrere due mesi a Parigi, ospite del cognato Ottavio Lanza Branciforti. Lo sportsman palermitano aveva poco più di ventidue anni. Era una mattina di ottobre quando si recò al “Cafè Moderne” in Boulevard Haussmann, ritrovo di piloti e appassionati di automobilismo. Lì conobbe Henry Desgrange, direttore del famoso giornale L’Auto, con il quale simpatizzò subito. Una sera Florio lo invitò a cena insieme ai piloti Rigal, BABLOT, Le BLON e Faraux; tra una portata e l’altra, tirò fuori un foglio dalla tasca interna della giacca e lo porse a Desgrange, che lesse: <Bonfornello, Cerda, Caltavuturo, Castellana Sicula, Petralia Sottana, Geraci, Castelbuono, Isnello, Collesano, Campofelice, Bonfornello>. Quei nomi di piccoli centri del territorio madonita non dicevano nulla al francese. Allora Vincenzo prese un biglietto da visita e vi disegnò una vettura da corsa. A quel punto Desgrange, divertito, esclamò: <Si j’ai bien compris tu veur organiser un tour en Sicile>. L’idea piacque subito ai piloti presenti. Proprio nel momento in cui l’automobilismo sportivo viveva un periodo di crisi, il progetto di quel giovane siciliano, per giunta ricchissimo, venne a galvanizzare l’ambiente, soprattutto perché prevedeva la copertura finanziaria. Il gruppo si lasciò dandosi appuntamento al giorno dopo nella sede dell’Auto. Tre ore di animata discussione e il progetto fu varato. La corsa si chiamò “Targa Florio”: 148 chilometri di strada tortuosa da percorrere tre volte, che prese il nome di “Grande circuito delle Madonie”. Ormai la sfida di Vincenzo con la sua terra era partita. Florio per questa gara mise in palio una targa d’oro creata da Lalique (valore 5 mila lire) e un montepremi di ben 50 mila lire. Una vera fortuna per i tempi. Lui, per non farsi nemico l’organizzatore di gare automobilistiche francesi Etienne Giraud, lo invitò a far parte del comitato della corsa madonita. Giraud apparentemente accettò con entusiasmo ma dentro di sé sperava che la competizione non si disputasse. A quel punto l’organizzazione palermitana cominciò a tempestare di missive i sindaci affinché si incaricassero delle segnalazioni stradali ai concorrenti, che venivano effettuate di giorno con striscioni e bandiere, di notte con fanali ad olio e torce. Le lettere inviate da Vincenzo Florio ai sindaci si concludevano così: <Nutro fiducia che la S.V. vorrà accordare il suo valevole appoggio a questo grande avvenimento sportivo cui viene legato il nome di codesto Comune. Con i sensi della migliore considerazione. Il presidente>. A Florio lo sviluppo della provincia palermitana stava a cuore, tanto quanto l’automobile. Intanto, però, man mano che si avvicinava la data della manifestazione gli sportsman francesi trovavano pretesti per non partecipare alle riunioni. A Don Vincenzo il cervello camminava come la luce. Capì che a Parigi volevano in realtà boicottargli la corsa. Così aguzzò l’ingegno e rese pubblica la manfrina con una missiva aperta indirizzata al direttore parigino de “L’Auto” e a quello de “L’Ora”, denunciando lo scorretto comportamento dei francesi e in particolare dell’organizzatore Etienne Giraud. Quest’ultimo pretendeva un comitato di alto livello. E Florio gliene sfoderò uno con dentro il conte di Isnello, Orazio Odolfredi, il conte Camillo Martinoni; e il quarto era proprio Giraud. Era il meglio che l’automobilismo sportivo europeo potesse offrire. Ma qual era il motivo del boicottaggio? E perché, allora, quell’entusiasmo iniziale? Alcuni giorni di riflessione furono chiarificatori. I francesi temevano che il flusso turistico potesse orientarsi non più verso le loro coste ma verso la Sicilia; e poi, l’iniziativa di Vincenzo Florio poteva danneggiare le corse francesi. Per la prima edizione della Targa gli scioperi dei portuali di Marsiglia e di Genova diedero una mano ai transalpini che si presentarono alla manifestazione madonita con due BAYARD CLÉMENT pilotate da M. FOURNIER e A. FOURNIER; e ancora, una BERLIET con BABLOT e una HOTCHKISS con Le BLON. Altre otto vetture francesi non riuscirono ad imbarcarsi. Tra queste c’erano due Darracq, quelle di HEMERY e Henriot, una Mendelssohn ed una Mors. Il 6 maggio 1906, al “via” della competizione parteciparono soltanto dieci vetture. Alle quattro macchine francesi si aggiunsero cinque Itala con Rigal, Pope, Cagno, Graziani, De Caters e una Fiat con Vincenzo Lancia. Le partenze vennero date dal signor Gilberto Marley, cronometrista dell’Automobile Club d’Italia. Il primo bolide sfrecciò dal rettilineo di Bonfornello alle sei del mattino con un colpo di cannone; l’alba appena sorta profumava di ginestre. Le altre macchine a distanza di dieci minuti l’una dall’altra. Lo scenario era pittoresco. Vincenzo Florio, in quel deserto di Bonfornello, in pochi giorni creò una “cittadella” con direzione corsa, tribune, ristorante, pronto soccorso (altri dodici lungo il circuito), telegrafo. Nei punti nevralgici del circuito, soprattutto nelle curve, fece versare del “fix”, una speciale composizione di bitume e catrame: fissava la polvere ed evitava pericolose sbandate ai bolidi. In aiuto a Florio arrivò l’amministrazione delle Ferrovie che organizzò alcuni treni speciali con una riduzione del 75% sul prezzo del biglietto. Da Palermo si giungeva al bivio di Cerda dopo 85 minuti di treno. All’eccezionale evento non vollero mancare diverse migliaia di persone, che invasero soprattutto il rettilineo di Bonfornello. Le tribune, abbellite da tralci di limoni e di aranci, erano strapiene di gentiluomini e signore elegantemente vestite. Ed era proprio tra le belle signore che avveniva, sia pure silenziosamente, una seconda competizione fatta di ammiccamenti, di sorrisi accattivanti e battute ironiche. Non mancò lo scintillio di gioielli. Alcuni commissionati appositamente a Parigi tra le griffe più rinomate. E rimasero famosi i grossi brillanti sfoggiati da Franca Florio, l’indiscussa regina della Targa. Altri, provenienti dal passato, come i famosi “battipetto” in brillanti, rubini e smeraldi, erano vanto di un tradizionale passato nobiliare siciliano. Vestiti e gioielli si fondevano in una eleganza mozzafiato. E rimaneva nella cronaca mondana colei che aveva stupito non soltanto per la propria avvenenza, ma anche per l’esclusivo abbigliamento all’ultima moda commissionato a Parigi da Tiffany. Ovunque c’era fermento. Anche il totalizzatore funzionava animatamente e fioccavano le scommesse. Il pranzo al ristorante all’aperto costava 3 lire. Ecco il menu: <Tagliatelle alla Bonfornello; tacchino al Marsala; Arrosto di cappone; formaggio; verde di stagione; pane; schiumone alla siciliana; frutta; vino Corvo bianco; caffè>. Ma andiamo a rivivere la competizione della prima Targa Florio. Vincenzo Lancia, prima di fondare l’omonima Casa automobilistica (1907), era un bravo collaudatore e pilota della Fiat. Poi imparò il mestiere imprenditoriale da Giovanni Agnelli e si mise per conto suo. Nella corsa delle Madonie, però, ebbe parecchia sfortuna. Il vercellese nelle prime due ore di corsa fu perseguitato da due forature consecutive in pochi minuti. Poi, nei pressi dell’abitato di Isnello investì una pecora, andò fuori strada e, aiutato da alcuni contadini, riuscì a far ripartire la vettura. Successivamente ebbe problemi con il serbatoio della benzina, che perdeva. Ma, come se ciò non bastasse, alla fine del secondo giro spaccò due cilindri e dovette, a quel punto, ritirarsi. La gente gli sorrideva e gli stringeva le mani, un modo per rincuorarlo. Gesti che piacquero molto a Lancia. Le BLON, che correva in coppia con la moglie, nella prima ora di corsa non ebbe nessun inconveniente. La sua HOTCHKISS filava tra le prime posizioni. A metà gara il diavolo ci mise del suo e il povero barbuto francese infilò una serie di forature interminabili tanto da arrivare al traguardo fuori tempo massimo. Rigal su Itala e BABLOT su BERLIET furono traditi dalla fretta dei meccanici, che versarono acqua invece di carburante e buonanotte ai motori. Non più fortunato l’inglese Pope. Andò fuori strada diverse volte, poi nel secondo giro nei pressi di Collesano bucò il serbatoio del carburante e, nonostante il prodigarsi della gente del luogo, fu costretto al ritiro con molto rimpianto. La corsa massacrante mise a dura prova mezzi e concorrenti. Molto fortunato, invece, il torinese Alessandro Cagno. La sua Itala rimase senza benzina a Castellana Sicula, a due passi dal punto di rifornimento. Il pilota dovette percorrere a piedi soltanto una cinquantina di metri. Così fu il più veloce ed arrivò al traguardo dopo 9 ore 32 minuti e 22 secondi; la media fu di 46,800 chilometri orari. Alle sue spalle si classificarono nell’ordine: Graziani (Itala), BABLOT (BERLIET), Rigal (Itala), De Caters (Itala). Tutti i piloti vennero fotografati dal famoso Meurisse, un personaggio popolarissimo nel mondo dell’automobilismo. La sua agenzia “Agence Rapide”, fu la prima a diramare fotografie da Parigi per il mondo intero e a far conoscere le bellezze della Sicilia e l’avvenimento della Targa. Il sipario della prima Targa Florio era calato. La gente lasciò le tribune di Bonfornello entusiasta. I premi vennero consegnati da Donna Franca Florio, cognata di Vincenzo, la sera al Grand Hotel di Termini Imerese, dove venne organizzata una sontuosa festa con la migliore aristocrazia siciliana. A conclusione della premiazione di Cagno, Vincenzo diede appuntamento all’anno successivo per una competizione ricca di sorprese. Intanto, quel giovane vulcanico di Florio il 14 marzo 1907 inaugurò l’autodromo della Favorita. La pista fu costruita con fondi della famiglia Florio su un appezzamento di terreno demaniale. Al battessimo erano presenti oltre duemila persone che avevano pagato biglietti salatissimi nei posti vip. Parecchi arrivarono da fuori Palermo. La gara si disputò sulla distanza di 5 giri pari e fu il conte Paolo Tasca a portarsi il prezioso trofeo messo in palio. E ritorniamo alla Targa Florio. Per la seconda edizione Don Vincenzo cominciò a lavorare, insieme ai suoi fidi collaboratori, sin dal mese di settembre 1906. Prese contatti con i più noti piloti italiani e francesi, tutti attratti dall’alto premio in denaro messo in palio. Al “via” del 22 aprile 1907 si presentarono 46 concorrenti, tra i quali fior di piloti come, Cagno, Wagner, Lancia, NAZZARO, DURAY, HEMERY, WEILLSCHOTT. Le vetture erano le più famose del tempo: Isotta FRASCHINI, Fiat, Itala, LORRAINE Dietrich, Darracq, RAPID, BAYARD CLÉMENT, BENZ, BERLIET. Ancora una volta il quartier generale della manifestazione fu il Grand Hotel di Termini Imerese. Qui alloggiarono un centinaio di persone tra piloti, meccanici e tecnici. La gente del paese guardava con grande curiosità tutti i personaggi arrivati da fuori per disputare la seconda Targa Florio. Quel centro a pochi chilometri da Palermo durante la settimana che precedeva la corsa si animava fino a sconvolgere la regolare vita dei locali. I termitani, prima dell’avvento della competizione, era abituata a vedere passare soltanto carretti trainati da muli e cavalli. All’arrivo dei bolidi donne anziane vestite di scuro aprivano le persiane e dopo una veloce sbirciata curiosa richiudevano le imposte rimanendo stupite dal continuo correre frenetico a piedi dei meccanici che portavano gomme o pezzi di ricambio. Gli uomini, invece, giravano per il paese con le mantelle addosso e si divertivano ad osservare il trambusto. A Bonfornello vennero organizzati i box per le vetture, dove i meccanici durante la competizione potevano in caso di guasto lavorare tranquillamente. Intanto, alla vigilia della corsa, su Termini Imerese si scatenò un furioso temporale. Sul luogo di partenza si creò un piccolo laghetto. Nel tardo pomeriggio fortunatamente smise di piovere e un piccolo esercito di operai si riversò lungo il rettilineo di Buonfornello per sistemare il fondo stradale. Si lavorò fino a pochi minuti dall’avvio della seconda edizione della Targa. L’organizzazione fece uno sforzo eccezionale per evitare inconvenienti e lamentele dei piloti. E lo sforzo fu premiato. Tutti i partecipanti erano rimasti soddisfatti per il lavoro svolto nel corso della notte dagli operai. Sin dal primo giro iniziò la bagarre tra italiani e francesi. La Fiat guidata da Vincenzo Lancia dimostrava di avere una marcia in più degli altri bolidi. Dietro inseguiva come un forsennato Alessandro Cagno su Itala. Al giro successivo con una zampata da gran campione Felice Nazzaro si portò in prima posizione. Da dietro anche il francese Louis Wagner si decise a pigiare l’acceleratore e portarsi a ridosso dei primi. All’inizio del terzo giro l’irruente pilota francese ruppe un semiasse e dovette arrendersi e rinunciare alla cavalcata. Intanto, NAZZARO manteneva la prima posizione e alla fine tagliò il traguardo da vincitore. Il suo tempo fu di 8 ore, 17 minuti e 36 secondi. La sua media oraria di 54,086. Al secondo posto si classificò Vincenzo Lancia, terzo il francese Maurice Fabry. Qualche mese dopo, Florio si diede un gran da fare per allestire la prima edizione della “Perla del Mediterraneo”, una gara di canotti-automobili che vide la luce nell’estate del 1907, lungo lo specchio d’acqua dell’isola con tappe a Messina, Catania, Siracusa, Girgenti e Trapani. Anche in questa occasione molti personaggi della nobiltà italiana e straniera si riversarono a Palermo, ospiti dei Florio a Villa Igiea. Tra gli invitati i principi Potenziani, Borghese, Pallavicini; i conti Arrivabene e Robillant; il banchiere americano John Pierpont Morgan. Villa Igiea si presentava come un vero gioiello. Progettista fu Ernesto Basile, gli affreschi affidati all’abile mano di Ettore Maria Bergler. E sempre nel 1907 Vincenzo Florio affidò al Basile la costruzione dello stand liberty di Tiro a Volo di Romagnolo. I turisti che arrivavano a Palermo dovevano poter scegliere come trascorrere le giornate. Il giovane Florio dimostrava di possedere idee chiare. L’epoca eroica della Targa continuò con la terza edizione. Era il 18 maggio 1908. Da più parti della Sicilia si riversarono lungo la spianata di Bonfornello circa ventimila spettatori arrivati in treno; altri diecimila raggiunsero il luogo della manifestazione con automobili, carrozze e carretti. Sul “grande circuito delle Madonie” si diedero battaglia senza respiro 13 piloti. Le vetture partirono con dieci minuti d’intervallo l’una dall’altra, secondo il regolamento. Si era appena perduto nella lontananza il rombo dell’ultimo motore lanciato verso Cerda che già lo scoppio di un petardo nel cielo sulla collina di fronte alle partenze annunciava l’arrivo di Lancia, in testa alla corsa. I favoriti sin dalla vigilia apparvero Lancia e Nazzaro a bordo di Fiat ufficiali. Tra i due corridori piemontesi c’era una forte rivalità. Il duello fu entusiasmante. Al primo giro NAZZARO si lasciò alle spalle il compagno di squadra. Ma Lancia gli stava dietro pronto ad approfittare del primo errore del torinese. Non ci fu l’errore ma soltanto un colpo di sfortuna per NAZZARO. La sua Fiat ruppe un perno dello sterzo e il povero Felice dovette ritirarsi. Al comando passò il suo compagno di scuderia, tallonato da Trucco su Isotta FRASCHINI. Lancia cominciò a pigiare di più sull’acceleratore e sembrava destinato a vincere la Targa. All’ultimo rifornimento si accorse di avere carburante a sufficienza per arrivare al traguardo ma era a corto di gomme. Per non perdere minuti preziosi preferì non caricare nessuna gomma di scorta. Sfidò il destino e proseguì. Ma non ebbe fortuna. Bucò due volte e perse un mucchio di tempo per le riparazioni. A Trucco non parve vero superare il pilota della Fiat e tagliò il traguardo da vincitore in 7 ore, 49 minuti e 26 secondi. Il povero Lancia dovette accontentarsi del secondo posto. Terzo si piazzò Ceirano su Spa. La quarta edizione del 2 maggio 1909 fu disputata in un solo giro, con partenza ed arrivo alla stazione di Cerda, dove sorgevano le tribune. La riviviamo attraverso il racconto di Don Vincenzo Florio. Scrive in un suo memoriale: <Tempo bello alla partenza, però sulle Madonie c’era nebbia e pioggia; i corridori, anche se inzuppati d’acqua, non si perdettero d’animo, compreso il sottoscritto. Sin dalle prime battute la lotta si polarizzò nel duello tra me che guidavo una Fiat e Francesco Ciuppa una Spa. La corsa era ancora indecisa fino ad Isnello ma, nel tratto in discesa verso Collesano, riuscii a superare il mio rivale; ritenendo di avere un vantaggio sufficiente sul barone Ciuppa, ad un certo momento non seppi resistere alla tentazione di dare sfogo ad un impellente bisogno personale, mi fermai un attimo, ma quell’attimo fu fatale per la mia vittoria. Ciuppa mi precedette di un minuto esatto al traguardo finale ed io con molto rammarico non potei iscrivere il mio nome nell’albo d’oro della corsa. In questa edizione va ammirato l’entusiasmo di GIUPPONE che correva su Peugeot. Fu costretto a fermarsi per mancanza di benzina quasi alla fine del secondo giro. Volò a piedi di corsa per 5 chilometri sino al posto di rifornimento, si caricò sulle spalle una latta col carburante e, trovata per caso una bicicletta, ritornò alla sua macchina>. Francesco Ciuppa aveva appena ventitré anni; era fra gli ultimi arrivati nell’automobilismo e con la sua prima corsa riuscì a mantenere una velocità media degna dei Lancia, Nazzaro. La sua performance rivelò doti straordinarie. La Targa del 1909 fu caratterizzata dall’assenza delle grandi Case automobilistiche. Intanto la Sicilia viveva un momento drammatico a causa del terremoto di Messina del dicembre 1908. La corsa si disputò lo stesso per non interrompere la tradizione. La tragedia, comunque, colpì molto gli isolani. E quando Vincenzo Florio il 9 luglio del 1909 sposò Annina Montereale, la cerimonia fu molto sobria con un ricevimento per pochi amici nella villa di famiglia all’Olivuzza. La Targa del 15 maggio 1910 ebbe un numero di partecipanti ridottissimo, soltanto cinque. A quel punto sembrava che la gara madonita avesse imboccato la strada discendente. Vincenzo Florio non si arrese. Così, per creare un certo interesse alla corsa, decise di abbinarla alla “Coppa delle vetturette”, riservata appunto alla categoria delle piccole cilindrate. Quella mattina un forte vento disturbò la manifestazione. Ad ogni partenza si sollevava dallo stradale una tremenda polvere entro cui scompariva la macchina. Nelle colline di fronte erano sparsi gruppi di appassionati mescolati agli animali che pascolavano e alle spighe di grano. Già dopo un’ora di corsa si capì che era la giornata di Tullio Cariolato. La sua Franco filava liscia come l’olio. Cercò di contrastarlo De PROSPERIS su Sigma. Afflitti da continui problemi meccanici furono CRAVIOLO (Fiat), De Seta (Spa) e OLSEN (Lancia), tutti e tre ritirati. Alla fine trionfò comodamente proprio Cariolato. Il secondo (De PROSPERIS) tagliò il traguardo quasi due ore dopo il vincitore. Nelle vetturette s’impose il francese George Boillot. Vincenzo Florio, dopo la deludente partecipazione di vetture e la scarsa affluenza di pubblico, corse ai ripari. Intraprese un viaggio verso l’Europa contattando corridori e Case costruttrici di vetture e pneumatici. I frutti ci furono. La Targa del 1911 riprese nuovamente interesse. Erano presenti la Michelin e la Continental, che misero in palio rilevanti premi ai vincitori della corsa. Ecco la pubblicità della Michelin: <Durante l’estate e su strade adoperate pneumatici piatti; su strade cattive, e sotto le intemperie, sono necessarie le semelles; se la vostra vettura è troppo pesante sono indispensabili i fumellés>. La Continental rispondeva: <Tutti sempre su pneumatici Continental: invincibile, unico per tutte le marche sull’aspro e difficile circuito delle Madonie>. Le iscrizioni alla corsa ammontarono a diciassette. Salatissima la tassa, che costava 500 lire a vettura. Il Comitato organizzatore assicurava, però, il trasporto gratuito delle macchine per mare da Genova a Palermo e ritorno. Ogni vettura poteva essere accompagnata da tre persone. Le navi erano quelle della Florio & Rubattino. Le nazioni partecipanti furono Italia, Stati Uniti, Germania e Francia. Gli organizzatori tirarono un respiro di sollievo. Alle sei del mattino il cronometrista Lucio Tasca diede il “via” all’Alfa guidata dal meccanico Campari. Le altre vetture sfrecciarono con un intervallo di dieci minuti. Durante il secondo giro, sulle Madonie si riversò un furioso acquazzone. In quel momento si trovava in testa alla corsa Nino FRANCHINI su Alfa, che, però, a Caltavuturo infilò una curva con l’acceleratore a tavoletta facendo ribaltare la macchina. Lui fortunatamente uscì illeso dall’incidente. Intanto, era Ernesto Ceirano a portarsi al comando della corsa. Da quel momento fu un monologo del torinese, che a bordo di una SCAT si aggiudicò la Targa in 9 ore, 32 minuti e 22 secondi, lo stesso tempo di Alessandro Cagno nel 1906. La seconda posizione venne guadagnata dal giovanissimo Mario Cortese su Lancia. Florio fu il primo italiano a intuire che l’avvenire dell’automobile era nella competizione. La Targa, con quel tracciato tormentoso delle Madonie, contribuiva al perfezionamento delle vetture. Subito dopo l’ultima competizione Don Vincenzo pensò che occorreva dare un maggiore impulso al turismo isolano. Quasi sempre, piloti, tecnici, costruttori, ospiti dopo la corsa, ripartivano senza visitare il resto della Sicilia. Tutta quella gente, appagato lo svago, rientrava immediatamente nei luoghi di origine. Così occorreva escogitare una nuova formula. Florio, nell’autunno del 1911, riunì in via Catania, 1, sede del Comitato Panormita, i più fedeli collaboratori e diede vita alla “Targa Florio – Giro di Sicilia”, un percorso lungo poco meno di mille chilometri. Il nuovo tracciato costiero dell’edizione del 1912 venne comunicato alla Commissione Sportiva Internazionale. L’innovazione della corsa lungo tutta l’isola piacque subito agli addetti ai lavori e le iscrizioni di Case costruttrici e di piloti cominciarono a fioccare. Scrive “RAPIDITAS”, la rivista ufficiale della Targa Florio: <Nonostante il crescente successo degli anni precedenti, nonostante la Targa su circuito chiuso fosse ormai considerata dagli industriali e dagli sportsman come la più importante riunione motoristica italiana, si volle dare alla corsa un più ampio indirizzo turistico>. Questa nuova formula durò fino al 1915. Ormai i venti di guerra spiravano anche in Italia. Il 24 maggio il nostro Paese entrò a capofitto nella tremenda tragedia. A quel punto i motori si fermarono. C’era ben altro a cui pensare. VINCENZO PRESTIGIACOMO |
L'intervista: Vincenzo Prestigiacomo: " Da Garibaldi ai Florio lo sport é passatempo" Vincenzo Prestigiacomo si definisce un bibliofilo, cioè un amante dei libri. I bibliofili si dividono in due categorie: i feticisti che vogliono possedere l’oggetto-libro, ancor meglio se più raro e più prezioso; e coloro che frequentano libri, vecchie riviste e documenti per scoprire storie, ricostruire il passato, imparare cose nuove, ribaltare credenze acquisite. Prestigiacomo appartiene a questa seconda categoria. E cosi questo impareggiabile cacciatore di carta stampata si e dedicato agli studi sul passato di Palermo, partendo dallo sport. Ha ricostruito le vicende della nascita del calcio cittadino, mostrando i documenti che la fissano nel 1900. Ha dedicato un libro alla vita di Raimondo Lanza di Trabia Il principe irrequieto. E, in ogni caso, Prestigiacomo sta benissimo in questo contesto celebrativo, perché le collezioni del Giornale di Sicilia dei tempi andati le ha sfogliate più volte, a caccia delle sue storie. Insomma e un nostro grande lettore. Da dove iniziamo? Naturalmente da Giuseppe Garibaldi. Quando arriva a Palermo si ferma in territorio di Parco, ovvero Altofonte. E cosa fa? Per migliorare il morale delle sue camicie , rosse organizza una gara di tiro a segno, con tanto di premi. D’altra parte sara lui a fondare due anni dopo, nel 1862, il tiro a segno nazionale. Che sport troviamo nella seconda meta dell'Ottocento a Palermo? Lo sport vero e proprio, concepito come attività ludica e disinteressata, nasce dal 1892 in poi. Naturalmente in questa prima fase, fu esclusiva della nobiltà e di una piccola fascia di ricchi imprenditori. Poteva dedicarsi allo sport solo chi aveva denaro e tempo libero. Facciamo un esempio ... Prendiamo il ciclismo. Dapprima c’era il velocipedismo con la draisina. Era un veicolo in legno, dalle grandi ruote. Tra i praticanti Antonio Starrabba di Rudinì, che diventerà primo ministro, il marchese Francesco Arezzo di Celano. Non arrivavano a dieci persone. Nel 1894 poi i fratelli Coen, in un terreno di proprietà in via Filippo Parlatore ai Lolli, più o meno dove oggi c'è l’istituto Mamiani, aprirono un velodromo con tanto di tribunetta in legno. Si insegnava il velocipedismo anche alle signore, ma in orari a loro riservati. Niente promiscuità. Poi iniziarono le gare con il Veloce Club Trinacria. Le prime biciclette costavano molto, potevano permettersele poche persone, come Ernesto Barraja, Nino Sofia. Il ciclismo diventerà uno sport popolare e diffuso dopo la Prima guerra mondiale. Quali erano gli sport più conosciuti ? Le prime regate risalgono al 1892. Le manifestazioni spesso nascevano per fini benefici. Per esempio fu organizzata una sfida tra barche; per vederla si pagavano 3 lire. Il ricavato veniva dato ai pescatori disoccupati. Le prime gare di lawn tennis sono nel 1896 in un campo che sorgeva dove oggi c’e Villa Sperlinga. C’è l’attività dello Sport Club di via Mariano Stabile. Presidente era Corrado Spadafora di Policastrelli. Altri, come accadde a Ignazio Majo Pagano per il calcio, andavano in Inghilterra per studiare la lingua e cercavano poi di praticare in Sicilia gli sport che avevano visto nei college. In questi sport fu coinvolta la colonia inglese in città. Molto diffusa era la scherma. La nobiltà tirava nei saloni di casa, che erano immensi. Poi arriva il mondo dei motori ... La prima automobile nel 1898 fu del barone Guccia. Esiste una foto-cartolina che la raffigura, inviata a Franca Florio. Mentre la prima gara fu sul tragitto Palermo - Monreale del 1904, organizzata naturalmente da Vincenzo Florio. Nel 1913 il Politeama ospitò il primo salone automobilistico in Sicilia. Nel 1910 ci sono i primi voli aerei a Mondello e la prima donna siciliana a volare sarà Olga Campisi. Il nuovo secolo nasce nel nome dei Florio .... Inizialmente il loro scopo era di aiutare il turismo da febbraio a maggio. Gare sportive, il corso dei Fiori, la Perla del Mediterraneo. Per attirare i grandi sportivi mettevano mano al portafoglio 50.000 lire di premi per il vincitore della prima Targa Florio del 1906 era una somma enorme. Ma il denaro veniva anche da altri ricchi palermitani. Lo scopo era che la città facesse bella figura. Allora Palermo era una città elegante e raffinata che non conosceva la disoccupazione di oggi. Soltanto le attività dei Florio arrivano a dare lavoro a seimila capifamiglia. Certo molte dinastie nobiliari in quel periodo distrussero i loro patrimoni. Per esempio si organizzavano feste per 400 invitati, che duravano dalle cinque del pomeriggio all’alba, in cui si consumava quel che sarebbe bastato a una famiglia per vivere un intero anno. (Guido Fiorito - da La nostra storia, la vostra storia Giornale Di Sicilia). |
6 Maggio 1906 LO "SCENARIO" DELLA 1^ TARGA FLORIO |
MINI ALBUM 1906 | |
INTERVISTA AD ALESSANDRO CAGNO
| |
ALBUM FILATELICO
|